Il caso dei tamponi ‘taroccati’ in Bangladesh
08/07/2020 di Enzo Boldi
Il caso dei voli tra Dacca e Roma sembra avere nuovi e importanti novità. Il Ministero della Salute, nella giornata di ieri, ha sospeso la tratta per via del rischio epidemiologico. Nel Paese orientale, infatti, il Coronavirus è tutt’altro che sparito. Oggi, secondo un’accusa riportata dal quotidiano Il Messaggero, arriva un tassello in più che fa preoccupare l’Italia: si parla di tamponi Bangladesh falsificati e venduti a un prezzo tra 36 e 52 euro, per dare il via libera alle partenze.
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A ricostruire questa vicenda – che, se confermata, sarebbe gravissima, – è stato Mohammed Taifur Rahman Shah, presidente dell’associazione Ital-Bangla denuncia. A Il Messaggero ha parlato di questa pratica: vengono venduti, a un prezzo irrisorio (per l’occidente), dei certificati che attestano la negatività al tampone. Quel documento, poi, viene presentato al momento dell’imbarco in aeroporto – come da protocollo – per permettere di uscire dal Paese.
Tamponi Bangladesh taroccati, l’accusa
La vicenda dei tamponi Bangladesh, così come raccontata, mostra un atteggiamento errato che potrebbe permettere al contagio di rinvigorirsi. Secondo i dati della Regione Lazio, infatti, in Italia sarebbero già atterrati – nei giorni scorsi, prima della chiusura della tratta tra Dacca e Roma – oltre 600 persone che, potenzialmente, potrebbero essere positivi al Coronavirus. Il tutto, secondo questi numeri, sarebbe confermato dai test epidemiologici effettuati nelle scorse settimane.
I casi a Fiumicino
La chiusura dei due locali di Fiumicino, avvenuta negli ultimi giorni di giugno, ha acceso il campanello d’allarme. Secondo le ricostruzioni, infatti, lì lavoravano alcuni cittadini provenienti dal Bangladesh, risultati poi positivi ai tamponi Covid. Per questo motivo tutte le persone – e i colleghi – che sono entrati in contatto con loro sono stati sottoposti al test, nel tentativo di limitare il più possibile l’espansione del focolaio.
(foto di copertina: da Pixabay)