Squid Game: gli effetti sulla mente di un bambino sono diversi da quelli sulla mente di un adulto

Questo è uno dei punti chiave del messaggio diffuso da Fondazione Carolina che, per prima in Italia, ha sollevato una serie di questioni rispetto all'età minima di 7 anni stabilita da Netflix per visionare Squid Game: La sfida

05/12/2023 di Ilaria Roncone

Fondazione Carolina è una onlus che nasce in onore di Carolina Picchio, prima vittima riconosciuta di bullismo online. Questa realtà è stata la prima – in Italia – a far notare la contraddizione dell’età minima troppo bassa posta come limite da Netflix per la visione di Squid Game – La sfida. Ivano Zoppi, segretario generale della fondazione, non ha esitato a definire questa scelta «sconsiderata e irresponsabile, che mette a rischio la salute delle nuove generazioni, dal punto di fisico e soprattutto psicologico». Evidenziando anche, giustamente, come già un paio di anni fa avessimo assistito a casi di emulazione nelle scuole dovuti alla viralità e alla diffusione incontrollata di clip e video della serie tv Squid Game, seppure vietata al di sotto dei 14 anni.

LEGGI ANCHE >>> Netflix consiglia la visione del reality “Squid Game: La sfida” dai 7 anni in su

Squid Game: La sfida, gli effetti sui bambini non sono gli stessi che sugli adulti

Con il sequel di Squid Game che dovrebbe uscire nel corso del 2024, questo reality game è stato dato in pasto agli appassionati – verosimilmente – sia per stemperare l’attesa che per rinfrescare la memoria, creando hype rispetto all’uscita del prossimo anno. Squid Game – La sfida altro non è, come abbiamo già raccontato, che un reality game ispirato in tutto e per tutto alla serie tv con tanto di eliminazione finale dei concorrenti con sparo e schizzi di sangue finto. Al vincitore, colui che “sopravvive” alle prove nel gruppo di 456 concorrenti, viene dato un premio milionario.

Una riflessione interessante rispetto agli effetti che uno spettacolo come quello di Squid Game (seppure solo un reality game, senza morti vere) l’ha fatta Fondazione Carolina: si tratta di «un gioco al massacro che, per chi ama il genere, può essere anche curioso, ma dagli effetti devastanti per la mente di un bambino, che non sa distinguere realtà o finzione, tanto più a fronte di un contesto narrativo iper realistico, capace di suggestionare per primi gli stessi giocatori». Un contesto in cui, come abbiamo puntualizzato in un articolo precedente sulle controversie relative allo show, viene mostrato come le persone possano essere cattive, traditrici e meschine per ottenere una somma di denaro potenzialmente anche a bambini di sette anni.

L’appello agli organi deputati

Il reality game viene anche definito, sempre dall’associazione, un programma che «colpisce in particolare per le reazioni dei concorrenti, in preda a crisi di panico, impegnati costantemente in una guerra psicologica nei confronti degli stessi avversari con i quali condividono una quotidianità apocalittica, dove i numeri cancellano i nomi e il senso di umanità».

L’appello di Fondazione Carolina, come sempre, è al mondo adulto che deve riprendere in mano le redini della violenza mostrata sui media e sui social: «La pervasività dei nuovi media, unita alla straordinaria fruibilità dei device all’interno del gruppo classe o della cerchia di amici, rende quasi impossibile il controllo da parte degli adulti, a maggior ragione se smartphone e sim sono intestati ai genitori. In questa logica Fondazione Carolina auspica da tempo un ritorno alla tutela dell’infanzia in chiave culturale e sistemica, attraverso una nuova alleanza educativa per una società davvero a misura di bambino, anche nella sua accezione digitale». L’appello finale, nel comunicato stampa, è affinché qualche organo deputato possa intervenire «per quantomeno omologare la classificazione della visione per età a quella della Serie tv, replicata in ordine all’uscita del reality».

Share this article