E così Spotify ha preferito il podcast con disinformazione sul Covid alla musica di Neil Young

Non ha rimosso lo show di Joe Rogan, mentre ha dovuto cedere il passo alla richiesta di Neil Young di rimuovere la sua musica (che non voleva si trovasse sulla stessa piattaforma del podcast)

27/01/2022 di Redazione

Certe notti la radio che passa Neil Young sembra avere capito chi sei. La citazione di Ligabue è inevitabile, anche perché la radio potrebbe continuare a essere il media che trasmetterà le canzoni di una delle voci più celebri del rock mondiale, mentre Spotify – la piattaforma di streaming dove si concentra quasi tutta la musica del mondo e non solo quella, come vedremo – non avrà più in catalogo le canzoni di Neil Young stesso. Alla fine, nella diatriba che ha visto il musicista contrapporsi a Joe Rogan e al suo podcast che, nel corso degli ultimi due anni – secondo delle firme autorevoli del panorama scientifico – ha diffuso disinformazione sul coronavirus, Spotify ha scelto di cedere alla richiesta di rimozione dei titoli di Neil Young.

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Spotify e Neil Young, la scelta della piattaforma di streaming

Spotify ha rilasciato una dichiarazione che non lascia spazio all’interpretazione: «Vorremmo che tutti i contenuti musicali e audio del mondo siano disponibili per gli utenti di Spotify. Da ciò deriva una grande responsabilità nel bilanciare sia la sicurezza per gli ascoltatori, sia la libertà per i creators. Abbiamo politiche precise sui contenuti pubblicati sulla piattaforma e abbiamo rimosso oltre 20mila episodi di podcast relativi al COVID dall’inizio della pandemia. Ci scusiamo per la decisione di Neil di rimuovere la sua musica da Spotify, ma speriamo di dargli il ben tornato presto».

Un paradosso, dunque. Una piattaforma che è nata con lo scopo di rendere più accessibile la musica di tutto il mondo sembra aver rinunciato, di fatto, a un suo rappresentate storico, una pietra miliare della cultura planetaria del rock, un caposaldo imprescindibile in una qualsiasi raccolta di suoni globale. Il tutto per insistere nel mantenere attivo un podcast (con centinaia di migliaia di ascoltatori, in verità) che molti scienziati hanno ritenuto pericoloso per la disinformazione che veicola. In una lettera aperta, infatti, alcuni esponenti della comunità scientifica avevano dichiarato – prima ancora dell’uscita di Neil Young – che Joe Rogan avrebbe scoraggiato la vaccinazione nei giovani e nei bambini, avrebbe affermato erroneamente che i vaccini a mRNA sono “terapia genica”, avrebbe promosso l’uso off-label dell’ivermectina per trattare il COVID-19, avrebbe diffuso una serie di teorie del complotto, avrebbe ospitato persone sospese da social network come Twitter per la loro attività di disinformazione.

Probabilmente, Spotify ha subito la scelta o, più semplicemente, ha fatto valere una regola di mercato, prediligendo il contenuto attualmente più popolare. Il problema resta di Neil Young, insomma, e della sua casa discografica – la Sony – che dovrà affrontare, in seguito alla decisione di abbandonare Spotify, un -60% di ricavi derivanti dall’ascolto della musica di Neil Young sulla piattaforma di streaming.

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