Perché Facebook ammette sponsorizzazioni su post che parlano di «inversione d’aborto»?

Il Center for Countering Digital Hate ha analizzato le inserzioni di Live Action, che promuovono una pratica che non ha avuto il via libera della FDA

15/09/2021 di Redazione

Una pratica che non trova un riscontro medico, che non è stata approvata dalla FDA (la Federal and Drug Administration negli Stati Uniti) e che, comunque, viene sponsorizzata su Facebook con un investimento importante da parte di chi ha realizzato questi post a pagamento. Stiamo parlando della sponsorizzazione Facebook sull’inversione d’aborto, una pratica che negli Stati Uniti sta diventando sempre più centrale nel dibattito sul tema e che una pagina che si autodescrive come «giornalismo investigativo» e che ha come obiettivo quello di «esporre le minacce contro i vulnerabili e gli indifesi» riesce a promuovere sul popolare social network.

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Sponsorizzazioni Facebook sull’inversione d’aborto: l’anomalia

Il Center for Countering Digital Hate ha segnalato contenuti che si occupano del tema su Facebook che, dal gennaio del 2020, sono stati visualizzati 18,4 milioni di volte. La maggior parte di queste visualizzazioni arrivava proprio attraverso la pagina Live Action (quella, appunto, che si definisce di «giornalismo investigativo») che ha investito una cifra importante per la sponsorizzazione dei contenuti sull’inversione d’aborto. Tra il 1° gennaio 2020 e l’8 settembre 2021, Facebook ha autorizzato 92 annunci di questo tipo da Live Action News, Live Action e Heartbeat International per un totale di 110-140mila dollari per sponsorizzare questi post.

L’inversione di aborto è una prassi non riconosciuta dalla comunità scientifica e si basa sull’assunzione dell’ormone progesterone immediatamente successiva a quella della pillola del giorno dopo. In passato, ricerche sul tema sono state interrotte per gravi emorragie che si sono verificate nei pazienti. E, ovviamente, l’FDA non ha mai dato il via libera a una prassi del genere. La domanda è: per quale motivo, allora, Facebook permette le sponsorizzazioni su queste tematiche che costituiscono palesemente disinformazione? Per quanto ancora bisogna anteporre l’interesse specifico alla corretta conoscenza di tematiche che incidono sulla salute delle persone?

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