Rachel: la recensione, un thriller al tempo di Jane Austen

05/03/2018 di Redazione

Rachel, diretto da Roger Mitchell ritorna sullo schermo l’adattamento del romanzo di Daphne Du Maurier “Mia Cugina Rachel”, pubblicato nel 1951  che ci racconta una storia d’amore e al tempo stesso un thriller ambientato  al tempo di Jane Austen .


Rachel, a volte la scelta di un remake fa storcere la bocca al critico ed anche allo spettatore cinefilo, che forse non ha dimenticato il film Mia Cugina Rachele diretto da Henry Koster con Olivia de Havilland e un giovanissimo Richard Burton , a cui fruttò un  Golden Globe come migliore attore esordiente. L’autrice dell’omonimo libro Daphne Du Maurier aveva ambientato la sua storia  nel XIX secolo al tempo dei romanzi di Jane Austen, all’interno di un mondo maschilista dove la sua protagonista gioca un ruolo molto ambiguo. La storia in breve ci narra di Rachel (interpretata da un splendida Rachel Weitz) che resta  vedova in circostanze misteriose e il giovane inglese Philip (Sam Claflin) è deciso a vendicarsi della bellissima e misteriosa cugina acquisita, ritenendola responsabile della morte del marito che altri non era che il suo amato cugino  che lo aveva cresciuto come un figlio. In breve la storia vedrà nuovi sviluppi con la nascita di una tormentata storia d’amore, e tanti misteri in un crescendo di atmosfere alla Hitchcock,  che a sua  volta aveva raccolto a piene mani dall’autrice Du Maurier per molte sue opere come La Taverna della Giamaica e Rebecca, la prima moglie, entrambi portati al cinema dal regista inglese

Il risultato una volta tanto permette al recensore stesso di poter parlare di un finale completamente aperto con tanti dubbi che resteranno allo spettatore, da quello cinefilo che rapidamente ricorderà il primo film, al più giovane avvinto magari dalle atmosfere di Jane Austen viste in tanti film recenti tratti da suo libri. Il piacevole risultato di trovarsi totalmente immersi nella vicenda ci fa ben sperare che lo spettatore una volta tanto non sbircerà l’odioso cellulare in cerca dell’orario o del solito messaggio, ma resterà incollato alla poltrona come capitava nel passato, cercando di comprendere cosa si nasconda dietro Rachel che dopo aver sedotto il suo nuovo cugino acquisito, gli propone delle tisane che sembrano contenere veleno o forse no…

Il risultato finale, in un cinema dove troppo spesso si consuma un film come un pop-corn,  è quello di ritrovarsi nella luce delle candele con i bagliori di una luce oscura  che rimandano a tanti misteri, un’atmosfera torbida dove troviamo anche il nostro bravo Pierfrancesco Favino nei panni del Rainaldi fidato amico italiano di Rachel, e che ci riporta ad un cinema forse dimenticato, ma che invece svolge appieno la sua funzione di intrattenimento totale, a dispetto dei citati mezzi di comunicazione digitali. Come la sua protagonista Rachel Weitz che dopo aver letto la sceneggiatura ha chiesto al regista: “ma è colpevole o no ?”, vi ritroverete avvinti in questa storia e forse qualcuno sarà tentato  di chiedere un parere allo sconosciuto della poltrona accanto al termine della proiezione. La riprova  di un’ottimo cinema che ci regala una storia sempre attuale dedicata ad una donna, che l’autrice del libro voleva mostrarci indipendente in un mondo condizionato dagli uomini, e che ci lascia sino alla  fine con il suo enigma e le sue ambiguità nel dubbio.

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