A Private War: Recensione, “Il mondo deve sapere” Marie Colvin.

21/11/2018 di Redazione

A Private War,  biopic  sulla coraggiosa reporter di guerra Marie Colvin, che lavorò per il settimanale britannico The Sunday Times dal 1985 al 2012. Inviata ad Homs per seguire la guerra in Siria, venne tragicamente uccisa insieme al fotografo francese Rémi Ochlink.

A Private War, presentato alla Festa del Cinema di Roma 2018  è un solido biopic che ci racconta la vita di Marie Colvin una delle più grandi e celebrate giornaliste inviate di  guerra. La Colvin realizzò per britannico  Sunday Times, articoli, reportage intervistò personaggi scomodi come  Arafat e Gheddafi,  raccontò i molti  conflitti dimenticati nel mondo dal Medio Oriente, Cecenia, Kosovo, Sierra Leone, Zimbabwe, Sri Lanka e Timor Est, dove perse l’occhio sinistro, poi in Iraq, seguì le Primavere Arabe, e poi la guerra civile in Libia che si concluse con la morte di Gheddafi, fino alla tragedia della mai conclusa guerra in Siria dove trovò la morte nel febbraio 2012 durante l’assedio di Homs assieme al fotografo francese Rémi Ochlink, Marie aveva 56 anni.

In A Private War , la figura di Marie Colvin a modo suo rappresenta quella piccola pattuglia di reporter,  che a rischio della vita cercano la verità, e che spesso, troppo, trovano la morte sul campo.
Il compito di questa pellicola è solo quello di raccontare la storia di Marie, interpretata in modo egregio da Rosamund Pike,  la quale ha cercato in tutti i modi di restituirci questa figura, a dir poco eroica, del giornalismo, con tutti i suoi difetti, con la sua ossessione per raccontare, sapendo perfettamente di rischiare la propria vita, prova ne sia l’occhio che perse, pronta a tutto non per i premi o i soldi da inviata speciale, ma perché sentiva l’irresistibile necessità di raccontare al mondo quello che succedeva, e forse, con un pizzico di arroganza, sperava che il suo contributo poteva in qualche modo fermare quella inutile strage che risponde al nome di: Guerra.
Il difetto della pellicola potrebbe proprio stare in un certo tipo di retorica che ci viene mostrata, ma una volta tanto se regista e sceneggiatura non riescono in pieno a dare il senso alla storia, una di quelle storie che quando le leggi sai subito che ci faranno un film, devono invece molto alla sensibilità di Rosamund Pike che riesce con gesti, immagini, senza parole, a restituirci in parte quello che sentiva la vera Marie.
Il regista Matthew Heineman , che viene da una solida carriera di documentari (Cartel Land, City of Ghosts) ci ha messo del suo, convinto dal suo desiderio di portare la storia della Colvin al grande pubblico per non farla dimenticare, o diremo nella maggior parte dei casi farla conoscere per la prima volta, spinto anche dal fatto di come il giornalismo oggi sia minacciato non solo dal potere, ma anche dalla creazione di fake news (che per la verità esistevano anche prima di Internet n.d.r).

L”attrice protagonista ha dichiarato: “Non assomiglio molto a Marie. Sono più giovane di lei, non sono americana. C’erano molte cose che mi remavano contro. Ma lo volevo davvero fare. È entrata nella mia anima in qualche modo, quando ho letto per la prima volta quell’articolo. Non so perché. Non ho la sua stessa passione. Non ho il suo coraggio. Ma so cosa vuol dire avere una vocazione che ti porta fuori dalla vita reale“. L’intento della pellicola oltre a cercare di farci conoscere una parte della vita, quella più importante e tragica di Marie Colvin, vuole a modo suo lanciare quel messaggio rimasto nel vuoto dell’esplosione di Homs che ha ucciso Marie e il fotografo francese:  “Il mondo deve sapere“. Forse guardando la pellicola rimane l’amara verità che il mondo in realtà lo sa o non vuole sapere. Ma se nel vostro piccolo pensate che Marie non sia morta invano, vi consigliamo di cercare le notizie di quei pochi reporter di guerra, che ogni giorno sul campo rischiano la propria vita per farvi sapere la verità, e condividere le loro  storie e foto,  invece di quelle buffi gattini o di gente che scivola per terra. Probabilmente non servirà a nulla, ma forse vi aiuterà a comprendere perché Marie Colvin, quel giorno ad Homs in Siria, ha pensato che valeva la pena perdere la propria vita per farvi sapere cosa stava accadendo.
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La vera Marie Colvin, sullo sfondo il suo ultimo servizio il giorno prima della sua tragica scomparsa.                                                                                

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