1982: recensione del film su una terribile realtà
19/10/2019 di Redazione
Il film 1982, di Oualid Mouaness, rappresenta la tragica situazione del Libano attraverso gli occhi innocenti e meravigliati dei bambini.
Un anno significativo
Il film 1982, di Oualid Mouaness, presentato alla 14ª Festa del Cinema di Roma, è ambientato a Beirut, in Libano. Dal titolo, appunto, è l’anno 1982. Israele invade il Libano già scosso dalla guerra civile. In una scuola privata nei dintorni della città, il giorno prima delle vacanze estive, durante lo svolgimento degli esami, l’undicenne Wissam (Mohamad Dalli) decide di dichiarare il suo amore alla compagna di classe Joanna (Gia Madi). Per un sognatore come Wissam è difficile capire la gravità di ciò che sta per accadere, mentre i suoi maestri, fortemente divisi dalle loro idee politiche, cercano di mascherare le proprie paure.
Secondo dopo secondo
Un’attesa snervante e rumori assordati che fanno tremare i vetri. L’imminente pericolo che si avvicina, la rassegnazione che, prima o poi, succederà qualcosa. E lo sconforto nel silenzio che precede l’esplosione. È un tipico giorno d’estate, a parte per gli studenti di elementari, mede e superiori, impegnati negli esami. Una scuola semivuota, con pochi alunni e pochi professori, con solo il suono della campanella che segna la fine tra una prova e l’altra. Wissam non pensa ad altro che a Joanna, a come dichiararsi e a trovare il coraggio per farlo. Ma ogni volta che si trova di fronte a lei sembrano mancargli le parole.
Bambini che vivono la guerra
Il film 1982 rappresenta l’attesa, delle parole che Wissam dirà a Joanna, e di un qualcosa che si avvicina. Qualcosa che cambierà le loro vite per sempre. Il dramma della guerra, in questo caso dell’inizio della guerra, vissuto attraverso gli occhi dei bambini. Di quei bambini che giocheranno con fucili di legno, fingendo di combattere. Imitando ciò che vivono ogni giorno. La realtà. Quella che è la loro terribile realtà. Per citare la scena d’apertura di Cafarnao – Caos e miracoli, di Nadine Labaki, in questo film in veste d’attrice nei panni di Yasmine. Professoressa che tenta di tranquillizzare i suoi alunni, fingendo di non avere paura. Donna divisa tra proteggere gli studenti e correre dalla sua famiglia che ha bisogno di lei.
Conforto nell’amore
L’innocenza tipica dell’infanzia che osserva l’orrore della guerra, simboleggiata da furgoni con soldati armati che passano sulla strada, e bombe che piovono dal cielo. Pochi suoni, pochi eventi, poche svolte narrative. 1982 è rappresentazione più che racconto. Lento, come lo è l’inesorabile attesa di quei bambini, dei loro insegnati e dei loro genitori. Quelle ore che sembrano durare giorni e che sembrano non passare mai. La forza dell’amore e dei legami, che permettono di sorridere e sentirsi vivi in un momento estremamente drammatico. Consapevolezza, paura e tensione. Tutte emozioni che il film trasmette. Senza però, a volte, riuscire a coinvolgere del tutto lo spettatore.
Tecnica di narrazione
Una regia lineare e attenta ai dettagli, che si concentra su ogni inquadratura, prendendosi tutto il tempo per fotografare una città e un Paese che non c’è più. Soffermandosi anche sugli sguardi e gli occhi dei tantissimi bambini che compongono il film, protagonisti e non. Anche il montaggio sembra dilatato nel tempo, senza molti stacchi. La forza dei bambini di trovare il buono anche dove non c’è. Tra speranza e immaginazione. In un’ultima straordinaria scena in cui una Beirut illuminata dal tramonto si riempie di fiamme, incendiandosi sotto una pioggia di bombe.