La bufala del sospetto assalitore di Atlanta «iscritto al Partito Democratico»

Stanno circolando indiscrezioni assolutamente non confermate in merito a Robert Aaron Long, dopo le tre sparatorie ad Atlanta in cui sono morte otto persone

18/03/2021 di Gianmichele Laino

In corrispondenza di tragici fatti a livello internazionale, come la sparatoria ad Atlanta e nella vicina cittadina di Acworth, tre eventi diversi nel corso dei quali hanno perso la vita otto persone in tre centri massaggi (sei di queste erano di origini asiatiche), è molto facile che si diffondano bufale in maniera incontrollata, soprattutto sulla natura dei responsabili degli eventi. Così, Robert Aaron Long – il 21enne sospettato di aver aperto il fuoco nei tre centri massaggi – è stato descritto, via Twitter, come un esponente iscritto al partito democratico.

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Sparatoria ad Atlanta, la bufala sull’assalitore

Come segnala il sito di fact checking made in Usa, Snopes, un account Twitter anonimo, nato proprio in corrispondenza dei fatti di Atlanta, ha lanciato un primo messaggio sul social network di Jack Dorsey offrendo presunte informazioni sul 21enne che è stato fermato dalla polizia per il suo coinvolgimento nei fatti di Atlanta.

«Robert Aaron Long – si legge nel tweet -, 21 anni, vive a Woodstock, Georgia. È un iscritto al partito Democratico. Il 21enne è stato ritenuto sospetto dell’assalto alle 20.30 circa. Qualche minuto dopo, hanno annunciato il suo arresto. Anche l’FBI è coinvolta nell’investigazione».

Non c’è alcuna prova che Robert Aaron Long fosse iscritto ai dem. In alcuni post che confermavano questa teoria veniva addotta come indizio la schermata di un sito web che, tuttavia, non esiste. Attribuire fatti violenti di cronaca a esponenti del partito Democratico, negli Stati Uniti, è diventata ormai una prassi abbastanza diffusa: basti pensare a quanto successo a Capitol Hill, il 6 gennaio. In questa occasione, dell’attacco palesemente portato avanti da ambienti sovranisti era stata completamente rovesciata la narrazione, quando si voleva far credere – soprattutto via social network – che la responsabilità fosse da imputare a esponenti del movimento Antifa.

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