Quanto conta l’iscrizione a siti come Meetic e Senzapudore.it nei processi di divorzio

Una recente sentenza della Cassazione li ha definiti indizi decisivi, che concorrono ad altre circostanze

24/02/2021 di Redazione

Punto di partenza: un episodio legato a una separazione avvenuta ormai nel 2013 e che si è trascinata avanti per tutti e tre i gradi di giudizio. Un uomo tradisce la propria moglie e viene scoperto, quest’ultima aspetta che terminino i preparativi per il matrimonio della figlia e abbandona il tetto coniugale. In tutti e tre i gradi di giudizio viene riconosciuto il fatto che l’uomo debba versare un assegno di mantenimento alla moglie, nonostante quest’ultimo le contesti l’abbandono immotivato del tetto coniugale. Ma in tutto questo, cosa c’entrano i siti d’incontri nei divorzi? La sentenza della Cassazione chiarisce che i pagamenti versati a questi ultimi possano rappresentare degli indizi che, se inseriti in un opportuno contesto, possono contribuire a ricostruire la vicenda che ha portato alla separazione.

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Siti d’incontri nei divorzi, cosa c’entrano e cosa dice la Cassazione

Bisogna innanzitutto chiarire che, in ogni caso, da sole le ricevute di pagamento ai siti d’incontri non bastano. Deve esserci un sostrato alle spalle che possa contestualizzare questi indizi riconosciuti. Nel caso esaminato recentemente dalla Cassazione (sez. VI Civile, ordinanza 9 dicembre 2020 – 16 febbraio 2021, n. 3879), ad esempio, la donna aveva affermato di aver trovato il marito in casa con una vicina in una situazione di «ardore». Inoltre, in aggiunta alle ricevute per siti di incontri come Meetic o Senzapudore.it, la donna aveva prodotto anche altre prove, come fotografie in intimità con altre donne o email compromettenti.

La sentenza

Dunque, è rilevante sicuramente che la Cassazione confermi che questi siti di incontri possano rientrare a pieno titolo tra gli indizi che possono essere addotti in una causa di divorzio. Ma potrebbe non bastare per casi simili in futuro. Le parole della Suprema Corte (Presidente Valitutti-Relatore Parise) sono però piuttosto chiare in merito:

«La Corte d’appello ha esaminato in dettaglio il fatto del 16-7-2013 ed anche la versione fornita dal ricorrente, ritenuta, motivatamente, inverosimile (pag.n.5, 6 e 7 della sentenza impugnata), ed ha esaminato anche le altre risultanze istruttorie (sms, pagamenti per siti di incontri on line con donne e fotografie prodotte dall’ex moglie), argomentando in modo idoneo, superiore al minimo costituzionale (Cass.S.U. 8053/2014), il convincimento espresso, anche in ordine alla mancata ammissione delle istanze istruttorie, ritenendo dimostrati nei contorni essenziali i fatti rilevanti e non plausibile la versione degli accadimenti data dall’odierno ricorrente».

Resta comunque il fatto che, sempre più spesso, nelle controversie matrimoniali vengono presi in considerazione fatti risultanti dall’utilizzo dei nuovi media. L’iscrizione alle piattaforme di incontri, se da sola non costituisce un vero e proprio tradimento, può essere concorrente a stabilire criteri motivati per le cause di divorzio.

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