Il pozzo di Sciascia e la verità su Silvia Romano (che credeva che essere buoni fosse ancora possibile)
20/11/2019 di Gianmichele Laino
Per una imprevedibile coincidenza, l’anniversario del rapimento di Silvia Romano coincide con il trentennale della morte di Leonardo Sciascia. Lo scrittore che, nel sul romanzo Il giorno della civetta – una delle più potenti testimonianze su quanto sia difficile dimostrare l’esatto svolgimento dei fatti della storia – scriveva una frase diventata emblematica sulla verità. Si parla di un pozzo e del riflesso che dal pozzo viene fuori. Può essere sole e può essere luna. Ma soltanto cadendo dentro a questo pozzo si può raggiungere quella che noi chiamiamo verità.
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Silvia Romano, il suo ricordo citando Sciascia
Per quanto riguarda la vicenda di Silvia Romano, siamo – purtroppo – ancora nella fase in cui ci affacciamo al pozzo. Conosciamo tasselli che fatichiamo a mettere insieme e a ricostruire. Riceviamo quotidianamente – è successo anche a noi – notizie fuorvianti, che dobbiamo filtrare, verificare, quasi tessere con pazienza. La tela che ci si mostra davanti, però, è ben lontana dalla sua conclusione. Non siamo nemmeno alla fase penelopiana del disfare. Perché abbiamo fatto ben poco.
Eppure, è passato un anno. Di Silvia Romano conosciamo – anche se non in maniera approfondita, grazie (per fortuna!) al silenzio rispettoso della famiglia – poco. Possiamo soltanto immaginare la grandezza del suo cuore e l’enormità del suo coraggio che l’aveva spinta in Kenya ad aiutare i bambini e a portare loro quell’ampio sorriso che conosciamo, ormai, dalle foto che parlano di lei. Possiamo dire come sia stata rapita, visto che qualche dettaglio sul pomeriggio del 19 novembre è stato raccontato da chi lavorava insieme a lei.
La speranza su Silvia Romano
Di Silvia Romano immaginiamo i pensieri, quelli da ragazza italiana appena laureata, che voleva decidere e costruire il suo futuro. Non lasciandoselo scorrere addosso, ma andandoselo a prendere, fosse anche in capo al mondo. Su Silvia Romano abbiamo letto le offese di ogni tipo, abbiamo visto il volto peggiore della rete che giudica senza sapere, che sentenzia prima di avere le prove, che si acceca nell’ideale del prima gli italiani e che poi lascia che proprio un’italiana finisca nel dimenticatoio, assegnata al proprio destino ineluttabile.
Per Silvia Romano speriamo. Chiudendoci le orecchie davanti alle fake news, facendoci scudo rispetto alle tante voci che arrivano dall’altrove, da quello del dibattito politico di bassa lega che ci bombarda con la propaganda su Bibbiano, sulla sostituzione etnica, su com’era bello il mondo quando c’era LVI. È il senso dell’immagine con cui abbiamo voluto accompagnare questo viaggio a ritroso e che abbiamo voluto utilizzare per descrivere la storia di una ragazza di 24 anni. Che credeva, suo malgrado, che essere buoni, in questo mondo sbagliato, fosse ancora possibile.