Sergio Sylvestre: «Altro che parole dimenticate, mi ero emozionato per l’eco nello stadio vuoto»

Con i vergognosi attacchi che Sergio Sylvestre, il cantante che ha vinto Amici nel 2016, si è consumata l’ennesima pagina triste della storia dei social network italiani. Già ieri sera vi abbiamo mostrato come, tra i vari account, ce ne sono stati a decine che lo hanno insultato perché ha interrotto l’inno di Mameli – era stato chiamato a eseguirlo all’inizio della finale di Coppa Italia tra Napoli e Juventus che si è giocata a Roma -, riprendendosi dopo qualche istante di silenzio.

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Sergio Sylvestre spiega l’errore nell’inno di Mameli

Visti gli attacchi che ha dovuto subire, sui suoi account social, Sergio Sylvestre ha sentito l’esigenza di spiegarsi. Si è difeso da una delle teorie più insistenti che hanno animato la discussione sui social network ieri sera, ovvero che abbia dimenticato le parole dell’Inno di Mameli. «Non sono mai stato così emozionato nemmeno ad Amici o a Sanremo – ha affermato in una serie di Instagram Stories -. Vedere questo stadio così vuoto e sentire questa eco fortissima. Mi sono bloccato non perché mi sono dimenticato le parole, ma perché mi è venuta una tristezza molto forte. Mi sono emozionato, un palco così vuoto è un peccato».

Sergio Sylvestre e i soliti pregiudizi italiani

Insomma, la componente emotiva ha semplicemente avuto un peso importante nella sua esibizione. Del resto – non è Sergio Sylvestre il primo a dirlo – esibirsi davanti a spalti vuoti, con una partita di calcio importante che si è dovuta disputare a porte chiuse e che ha rappresentato, in qualche modo, il ritorno a una finta normalità dopo la tragedia del coronavirus, non è una cosa semplice, soprattutto per chi abbia un minimo di sensibilità.

La sensazione, invece, è che Sergio Sylvestre sia stato attaccato per una sorta di pregiudizio, alimentato anche dal fatto che – alla fine dell’esibizione – abbia alzato al cielo il pugno, in segno di solidarietà con le proteste del Black Lives Matter. La solita, triste Italia.

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