Perché per Elon Musk (e per tutti gli altri gestori di social) il tasto blocca non è conveniente

L'utilizzo eccessivo di questa funzionalità causa la segmentazione della community, facendo venir meno le interazioni laddove prosperano: quando c'è scontro e polemica

21/08/2023 di Gianmichele Laino

Da strumento di marketing – che quindi potrebbe favorire gli inserzionisti -, fino a diventare il vero e proprio incubo per chiunque gestisca un social network. E non stiamo parlando di certo di profili personali e nemmeno di quello dei creators o degli influencer: qui stiamo esaminando un problema (o un potenziale problema) a livello strutturale di tutte le principali piattaforme che si basano su contenuti generati dagli utenti e, soprattutto, sull’interazione degli utenti stessi. Il riferimento è alla cosiddetta segmentazione della community, che potrebbe essere stata alla base della decisione di Elon Musk – decisione che è ben lontana dall’essere definitiva e che, per il momento, è stata solo annunciata da un tweet del fondatore di Tesla, nonché proprietario di Twitter/X – di eliminare la funzionalità di blocco degli utenti.

LEGGI ANCHE > Cosa ha detto Elon Musk a proposito del tasto blocca su Twitter?

Segmentazione della community alla base della decisione di rimuovere i blocchi su Twitter?

Dobbiamo pensare sempre su scala molto larga. Twitter – prendiamo questo social a esempio, ma potremmo fare i confronti anche con altre piattaforme – può contare su 1,3 miliardi di account, ma soltanto poco più di 368 milioni di account sono attivi. Si tratta comunque di una community vastissima, diffusa a livello globale, carica di opinioni che, in qualsiasi momento, vengono diffuse attraverso le tastiere di smartphone e pc. Cosa succede se un così grande numero di account – sempre in scala – smette di interagire con un altrettanto grande numero di utenti, bloccandoli?

Il social network, per definizione, funziona perché all’interno delle maglie della rete di relazioni ci sono degli scambi. È l’origine del concetto di piattaforma social: si comunica dapprima con chi è in qualche modo prossimo, poi l’effetto concentrico allarga – a partire da un singolo utente – lo spettro delle conoscenze. Che arriva, nella sua dimensione massima, a far parte delle community dei più importanti influencer delle stesse piattaforme. Le relazioni si nutrono attraverso confronti, discussioni e scambi. L’azione del blocco è sicuramente deleteria per queste forme di interazione.

Il blocco, innanzitutto, impedisce la comunicazione di primo livello. Se un utente viene bloccato, non potrà più rivolgere i suoi pensieri nei confronti di chi ha esercitato il potere del blocco. Solitamente si arriva al blocco perché una conversazione ha preso una brutta piega: due utenti, in disaccordo su una posizione, si sono scambiati insulti. A volte, non servono nemmeno gli insulti: basta non essere d’accordo con l’altro per esercitare quello che, nel gergo dei social, viene definito “blocco preventivo”. Ovviamente, questa analisi non può non prendere in considerazione tutte quelle azioni di blocco che sono state eseguite nel momento in cui l’interazione tra due utenti diventava molesta. Invio di messaggi in DM indesiderati, commenti continui sotto ai propri post, interazioni inopportune a corredo di foto o video pubblicati. Insomma, a volte il blocco si erge come una sorta di barriera di protezione nei confronti di ciò che si può a buon diritto considerare molestia digitale.

Echo chambers e segmentazione: favorire l’interazione o la sicurezza degli utenti?

Tuttavia, le casistiche sono molto ampie e tutte prevedono una interruzione dei flussi di comunicazione al momento del blocco. Oltre a destare problemi nel meccanismo di base del social network, l’interruzione della comunicazione contribuirà sempre più spesso alla creazione di tante sotto-community all’interno della piattaforma. A lungo andare – e sempre ragionando in scala – il blocco porta alla chiusura in tante piccole echo chambers, all’interno delle quali ciascun membro interagirà con altri membri della sua sotto-community, con idee simili, affini, speculari. La varietà e l’intersezione tra le community subiscono sicuramente un impoverimento con l’azione del blocco.

Mentre alcuni social network, del resto, preferiscono sacrificare questa dinamica a una maggiore sicurezza e al fatto che l’utente si senta di più a suo agio nel navigare tra le pagine della piattaforma, Elon Musk – abituato a monetizzare qualsiasi cosa e a perseguire il proprio scopo anche in maniera piuttosto cinica – ha deciso di rovesciare il paradigma. L’eventuale rimozione del blocco renderà sicuramente più interattive le varie sotto-community in cui, ormai, Twitter sembra essersi suddiviso. La domanda è: cosa ne sarà della user experience?

Share this article
TAGS