Mentana e la guerra usata “per regolare i conti” tra ospiti in tv

«La questione è l'attenzione all'immagine, ma è la sostanza quella che conta», dichiara Mentana a Metropolis. Tutto si baserebbe sull'audience

10/05/2022 di Martina Maria Mancassola

A Metropolis, Mentana denuncia i meccanismi televisivi, troppo spesso legati solo all’audience e poco ai fatti, al contenuto di ciò che viene raccontato: «Siamo gli unici che usiamo la guerra per regolare i nostri conti». Il giornalista riflette sul dibattito nei talk show e sulle interviste «di guerra», ed inevitabili sono i riferimenti alla classe politica e alla recente intervista del ministro degli Esteri russo Lavrov su Rete 4. Il direttore del Tg La7 dichiara che ci concentriamo troppo sulle domande anziché dare peso alle risposte: «E non pensiamo che uno come Lavrov non avrebbe dato le stesse risposte davanti a qualsiasi domanda».

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Secondo Mentana la televisione usa la guerra solo per regolare i conti: forse non a tutti i talk show interessa realmente la guerra

Mentana, durante un’intervista a Metropolis, denuncia i meccanismi della politica e della televisione, molto più attente alla forma che alla sostanza: il nostro paese darebbe più importanza alle questioni secondarie invece di concentrarsi sui fatti, che sono gli unici che contano. Inevitabile è la critica ai nostri politici e il riferimento alla recente intervista di Lavrov, Ministro degli Esteri russo, intervista criticata da molti. Forse era più importante, sostiene Mentana, ascoltare le risposte del ministro, invece di soffermarsi sulla correttezza delle domande e sulla decisione del giornalista di Rete4 di intervistare Lavrov: «Qui il problema è che noi siamo gli unici che fanno la proxy war alla rovescia», cioè «usiamo la guerra per regolare i conti nostri, non per cambiare i palinsesti televisivi, per dire quella trasmissione mi piace, la voglio rafforzare». Secondo il giornalista, vi sarebbe scarsa attenzione alla guerra, perché i meccanismi televisivi sarebbero interessati solo all’audience e agli incassi: «Non c’entra niente con la guerra, non gliene frega niente, magari, di come va a finire la guerra», aggiungendo che quando ci sono le cose «importanti, serie, che modificano la storia umana», non è possibile mandare tutto in audience, sondaggi, e questo «vale soprattutto per la politica».

Mentana spiega come noi siamo l’unico paese al mondo in cui paiono più rilevanti (a proposito dell’intervista a Lavrov), le domande più che le risposte: Lavrov «ha provocato un’ulteriore crisi internazionale con le sue risposte ma il nostro problema era il programma, il conduttore, è più importante la televisione del fatto». Secondo il giornalista, si starebbe a guardare più il fatto che sta accanto al fatto principale, che a quest’ultimo: «C’è una perdita di focalizzazione della sostanza e la sostanza è quello che succede, non come lo raccontiamo noi». Il direttore del Tg La7 continua affermando che: «I talk show non sono morti, ci sono tanti talk show fatti bene ed io non critico mai i miei colleghi, sto criticando un sistema, una modalità che viene utilizzata in alcune circostanze, che è di dire “comunque dobbiamo fare casino”, comunque dobbiamo mettere uno a favore e uno contro, e troviamone uno efficace da tutte e due le parti perché così viene più forte» la notizia, così viene aumentata l’audience, che secondo il giornalista è, purtroppo, l’unica cosa che conta in una società di apparenze. A Mentana viene chiesto come si faccia ad intervistare una personalità come Lavrov, ministro degli esteri di un paese in guerra – non contro di noi ma quasi -, ed il giornalista risponde: «Intanto preferisco sentire Lavrov che sa le cose piuttosto che uno che da grande vorrebbe fare Lavrov solo che è italiano e fa un’altra cosa, ecco quella è una rappresentanza per procura. Oggi tutti noi parliamo di quello che ha detto Putin, ma se uno avesse un Putin tutto per sé, qual è il nostro problema? Dobbiamo fare vedere che le domande sono dure? Tanto Putin, Lavrov, ma scendendo fino al sottosegretario della marina mercantile in qualsiasi paese, non è che ti dicono quello che vuoi tu, ti dicono quello che vogliono loro, soprattutto se sono in guerra». Mentana spiega, ancora, che se si sceglie di intervistare Lavrov, per forza è propaganda: si pensa davvero «di riuscire ad inchiodare Lavrov? Dirà le stesse cose che avrebbe detto. Conta la qualità delle domande? No, perché le risposte sarebbero le stesse». Ma il problema, aggiunge il giornalista, è un altro: «Perché dobbiamo interessarci alle domande che sono state a fatte a Lavrov e non a quello che ha detto Lavrov?».

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