Escalation in Nagorno Karabakh, il Consiglio di Sicurezza Onu chiede lo stop agli scontri

Dopo tre giorni di combattimenti tra separatisti armeni ed esercito azero i morti sarebbero oltre 700

30/09/2020 di Redazione

Gli scontri in Nagorno Karabakh si fanno ogni giorno più duri e sanguinosi con oltre 700 morti e per questo il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha espresso il suo sostegno all’appello del segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, alle forze armene e azere di “fermare immediatamente i combattimenti, ridurre le tensioni e tornare a negoziati significativi senza ritardi”.

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Oltre 700 morti in tre giorni di scontri in Nagorno Karabakh

I 15 membri dell’organismo dell’Onu hanno firmato all’unanimità il documento durante una riunione di emergenza sugli scontri in Nagorno Karabakh. Il timore infatti è che il conflitto tra i separatisti armeni e gli azeri possa diventare in fretta una guerra su larga scala, con l’intervento di  Russia e Turchia al fianco rispettivamente di Armenia e Azerbaijan. Non a caso nelle scorse ore il ministero della Difesa armeno ha accusato Ankara di aver abbattuto un caccia Su-25. Accuse respinte dalla Turchia, che però negli ultimi giorni ha forzato molto la mano nel suo appoggio all’offensiva azera sulla regione contesa. Se confermata, però, la notizia porterebbe il confronto su un livello decisamente più pericoloso diventando il primo contatto diretto tra Armenia e Turchia, con ricadute inevitabili sugli equilibri del conflitto.

L’atteggiamento di Mosca negli scontri in Nagorno Karabakh

Al momento, l’appoggio russo all’Armenia negli scontri in Nagorno Karabakh è sicuramente minore rispetto a quello turco all’Azerbaijan nonostante i legami operativi tra Mosca e Yerevan siano maggiori, con la Russia che in Armenia controlla la basi militare di Gyumri, a 10 km dal confine turco, e la base aerea di Erebuni con circa 5 mila soldati russi sul territorio armeno. A cambiare tutto però sarebbe l’intervento già riportato di droni turchi Bayraktar col rischio che adesso arrivino gli F-16, finora esclusi dal conflitto nella regione autonoma guidata dai separatisti armeni.

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