La guerra in Nagorno Karabakh non si ferma, oltre 60 morti in due giorni

I separatisti armeni e l'Azerbaigian aumentano il volume dello scontro mentre la comunità internazionale chiede un cessate il fuoco

29/09/2020 di Redazione

La guerra in Nagorno Karabakh si fa sempre più dura e dopo appena due giorni ci sono oltre 60 le vittime e 200 feriti. Un bilancio che nei prossimi giorni può solo peggiorare, mentre la comunità internazionale continua a chiedere il cessate il fuoco nonostante la situazione sembra ormai fuori controllo.

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Guerra in Nagorno Karabakh, morti e feriti tra separatisti e azeri

Dopo due giorni di scontri la guerra in Nagorno Karabakh tra i separtisti armeni e l’Azerbaigian che hanno riacceso il conflitto nella regione autonoma aumentano morti e feriti, con i due governi ch esi accusano a vicenda. E quindi se il ministro della Difesa azero accusa le forze armene di aver bombardato la città di Tartar, i funzionari militari armeni ribattono che è stata Baku ad aver ripreso le “azioni ostili” nel mattino di lunedì. La certezza al momento è che le autorità della regione autonoma parlano di 58 combattenti e 2 civili uccisi mentre il ministero della Difesa armeno parla di circa 200 feriti e le autorità azere riferiscono di sei civili uccisi e 26 feriti.

Gli appelli internazionali alla pace per la guerra in Nagorno Karabakh

A dare il via agli scontri nel Nagorno-Karabakh, che è una regione formalmente azera ma controllata di fatto dall’Armenia dalla fine della guerra nel 1994. A rendere ancora più esplosiva la situazione è l’intromissione nello scontro di forze esterne come la Turchia, accusata dal ministro degli Esteri armeno di “sostenere l’aggressione” azera. Una frattura, quella tra Armenia e Turchia, che arriva dal genocidio armeno per mano turca tra il 1914 e il 1923 e che recentemente ha visto i due governi accusarsi reciprocamente di reclutare mercenari stranieri. Non a caso il leader turco Recep Tayyip Erdogan ha criticato Francia, Stati Uniti e Russia di non essere riusciti ad appianare le tensioni dopo 30 anni mentre l’Unione europea, così come Iran, Russia, Francia e Stati Uniti, ha invitato entrambe le parti a fermare i combattimenti e a tornare al tavolo dei negoziati.

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