Come Salvini si è ritirato nei suoi cliché quando Soumahoro gli ha detto «vieni con noi a lavorare nei campi»

Il confronto Salvini-Soumahoro che si è verificato domenica pomeriggio, 10 maggio, in collegamento nel corso della trasmissione Mezz’ora in più di Lucia Annunziata, rappresenta probabilmente una delle performance televisive dalla quale Matteo Salvini esce più con le ossa rotte. Aboubakar Soumahoro, sindacalista italo-ivoriano del Coordinamento Lavoratori agricoli Usb, ha infatti messo di fronte al leader della Lega tutti i problemi dei braccianti agricoli che – sembra lo abbiamo scoperto solo oggi – sono essenziali per la filiera agricola dei prodotti italiani.

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Salvini-Soumahoro, quando ai problemi veri si risponde con il cliché

«Sono stato in giro per tante aziende agricole – ha detto Salvini -: o si tagliano le tasse e si toglie burocrazia agli imprenditori agricoli, o non ne veniamo più fuori. Ma cosa c’entri questo con una sanatoria globale di centinaia di migliaia di immigrati non lo capisco». Nei giorni scorsi, il ministro dell’Agricoltura Teresa Bellanova ha proposto di sanare la posizione di 300mila migranti che lavorano nei campi. Questo per evitare di compromettere definitivamente la produzione agricola, già provata – sia nelle sue modalità pratiche di semina e raccolta, sia nella diffusione dei prodotti sul mercato – dall’emergenza coronavirus.

Salvini-Soumahoro, lo scontro: «Venga con noi a lavorare nei campi, senatore»

Aboubakar Soumahoro aveva detto che, nel caso in cui non si dovesse arrivare a questo risultato, i migranti braccianti agricoli sono pronti a una grande mobilitazione e a uno sciopero: «Lei minaccia uno sciopero se il governo non regolarizzerà tutti? – ha detto Salvini, evidentemente in difficoltà di fronte alle argomentazioni del sindacalista – Ora scioperano anche gli immigrati clandestini?! Io penso prima agli italiani e anche ai tanti immigrati regolari che hanno perso il lavoro e vivono grandi difficoltà». Ed ecco, il rifugio nel cliché di ‘prima gli italiani’ per trasformare in slogan una esigenza vera, che viene posta per la prima volta anche dagli imprenditori agricoli.

Il momento di massima tensione si è raggiunto dopo questo invito del sindacalista italo-ivoriano: «Senatore Salvini – ha detto -, venga nei campi assieme a noi, combattiamo il caporalato assieme». Secondo Matteo Salvini la regolarizzazione degli immigrati non porterebbe a un miglioramento delle loro condizioni, anzi ne favorirebbe lo sfruttamento. È la stessa teoria che abbiamo contestato qui ad Alessandro Morelli che aveva sostenuto che, con la regolarizzazione dei migranti e con l’obbligo di un regolare contratto di lavoro per loro, gli imprenditori – non potendoli più pagare 3 euro all’ora – sarebbero disincentivati a offrire il posto agli stessi, contribuendo ad aumentare il fenomeno della disoccupazione in Italia. Argomentazioni, ovviamente, che hanno la contraddizione di fondo di nascondere la convenienza dietro all’irregolarità: tuttavia, da una maggiore regolamentazione di queste posizioni, l’Italia riceverebbe maggiori entrate dal punto di vista fiscale quantificabili in circa 1 miliardo di euro all’anno.

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