L’ennesima svolta digitale dell’informazione di Grillo, con wi-fi gratis in piazza e Rai modello BBC

I punti elencati nel suo blog

23/02/2021 di Gianmichele Laino

Possono passare gli anni, possono alternarsi i governi (due dei quali, è sempre bene ricordarlo, con il Movimento 5 Stelle in maggioranza), ma il pallino di Beppe Grillo resta sempre uno: la riforma informazione, l’eliminazione dei contributi pubblici ai giornali (che, ormai, sono davvero ridotti all’osso, circoscritti a pochissime realtà e non rappresentano di certo il problema dell’ecosistema editoriale italiano), la trasformazione della Rai nel modello della BBC.

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Riforma informazione, l’ennesima ricetta di Beppe Grillo

Fortunatamente, lo dice anche lui che sta parlando delle stesse cose dal 2013. E altrettanto fortunatamente potremmo ricordargli che il Movimento 5 Stelle ha avuto più volte l’occasione di mettere in atto quelle che, secondo il fondatore, sono buone pratiche per l’informazione e per una rivoluzione digitale. Del resto, nonostante siano passati ormai quasi 8 anni, siamo di nuovo qui a discutere degli stessi aspetti. La differenza è che adesso, al governo, c’è Mario Draghi e all’orizzonte c’è la partita del Recovery Fund, con diversi fondi destinati a investimenti anche nel nostro Paese.

Dei 209 miliardi totali, Beppe Grillo chiede di mettere a disposizione 8 miliardi per la copertura completa del territorio con la fibra, realizzando una rete propedeutica all’utilizzo del 5G. Una conseguenza di questo dovrebbe essere il progetto WI-FI Italia, il modo di rendere gratuito internet per i cittadini in tutti i luoghi pubblici. Beppe Grillo, inoltre, chiede che si renda concreto il cloud della pubblica amministrazione: che la proposta risalga a qualche tempo fa si evince soprattutto dal fatto che – al momento – il Dipartimento per la Trasformazione Digitale, in collaborazione con l’Agenzia per l’Italia Digitale, sta già lavorando per rendere pubblica una strategia che possa collegare, attraverso un cloud, i servizi erogati dalla pubblica amministrazione.

Anche l’attacco ai fondi pubblici all’editoria rappresenta senza dubbio un déjà-vu: ormai, le testate che li ricevono si contano sulla punta delle dita, i grandi gruppi editoriali sono esclusi da questa erogazione per legge e soltanto alcuni quotidiani di media dimensione (si pensi a Libero o Avvenire) continuano a riceverli. Le altre testate possono beneficiare soltanto di contributi indiretti (come ad esempio lo scontro sull’acquisto della carta) che, sempre progressivamente, si stanno riducendo all’osso.

Che dire, poi, della solita “riforma della Rai” sul modello BBC (con una importante restrizione sugli introiti pubblicitari) e sulla trasformazione della radiofonia in ottica digitale? Questi aspetti hanno attraversato da anni i tavoli della politica, senza trovare un atterraggio concreto. Dall’epoca della riforma della governance voluta da Matteo Renzi, quello di un paragone con la BBC è sempre stato il desiderio nascosto per il nostro servizio pubblico radiotelevisivo. Peccato che, quando si è trattato di riunirsi, le scelte sono sempre ricadute su altro, con un sistema che ha mantenuto la sua struttura ministeriale di sempre. La sensazione, insomma, è che – ogni anno – Beppe Grillo tiri fuori lo stesso vademecum per l’innovazione digitale nel mondo dell’informazione. Ma non è che, a furia di recitare sullo stesso spartito, questa innovazione digitale diventa vecchia e superata dai tempi?

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