Cosa prevede il decreto-Barachini sulla riforma delle Agenzie di Stampa

Viene istituito un elenco di Agenzie di stampa di rilevanza nazionale che potranno mettere a disposizione delle pubbliche amministrazioni notiziari "per garantire una informazione ampia e plurale"

03/08/2023 di Gianmichele Laino

Punto primo: non si tocca, né si ritocca la cifra di 46 milioni di euro che – nel corso del quinquennio precedente inaugurato nel 2017 – è stata destinata dalle pubbliche amministrazioni alle agenzie di stampa. Tuttavia, questa cifra verrà ripartita come segue: il 65% in base alla posizione all’interno di una graduatoria delle agenzie di stampa di rilevanza nazionale che verrà stilata secondo nuovi criteri individuati nella riforma; il restante 35% attraverso una gara d’appalto per la produzione di notiziari specialistici qualora richiesti, appunto, dalle stesse pubbliche amministrazioni. Ma la novità principali della riforma delle agenzie di stampa – promossa dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega all’Informazione e all’Editoria, Alberto Barachini – sono da ritrovare altrove.

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Riforma agenzie di stampa, i criteri per essere immessi all’interno dell’elenco

Per la prima volta, infatti, l’accesso ai fondi e alla possibilità di offrire dei servizi alla pubblica amministrazione viene disciplinato dalla istituzione di un elenco per le agenzie di stampa di rilevanza nazionale. Per ciascuna agenzia, la posizione all’interno di questo elenco – che si aggiorna annualmente – è stabilita sulla base di alcuni criteri, alcuni di questi abbastanza stringenti e volti a regolamentare in maniera decisa questo particolare settore dell’informazione.

Innanzitutto, si rileva la disponibilità di giornalisti assunti a tempo pieno ed indeterminato: per far parte di questo elenco, il numero di questi ultimi non può essere inferiore a 50. Novità anche sui principi della retribuzione dei singoli giornalisti: quest’ultima non deve essere inferiore alla soglia minima stabilita dal contratto collettivo nazionale del comparto giornalistico. Poi, si passa al workflow di queste agenzie, che devono avere una capacità di effettuare un numero minimo di quattrocento lanci (che non possono essere divisi in più di due take) per ogni giornata lavorativa. È necessaria una distribuzione lungo tutto il territorio nazionale per la distribuzione dei non meno di 50 giornalisti assunti e il possesso di un bilancio che per almeno la metà sia alimentato da risorse acquisite per attività svolte a favore del settore privato e comunque sul mercato.

Le agenzie in questione – e questo è uno dei punti più controversi dell’intera riforma – dovranno poi inserire al proprio interno un Garante che possa essere “da pungolo e da stimolo” per il controllo della correttezza delle informazioni fornite dall’agenzia, che possa vigilare contro le fake news e che possa essere, in qualche modo, una sorta di certificazione della correttezza dei flussi informativi che scorrono proprio a partire dall’agenzia. Tra le figure professionali indicate come adatte a questo ruolo, ci sono quella del debunker, del professore di diritto internazionale, di un esperto di copyright. 

Oltre che sui criteri molto stringenti per poter avere accesso all’elenco – in Italia si contano davvero sulle dita di una mano le agenzie che possono essere in grado di garantire una redazione così ampia, contrattualizzata e con così tanti riferimenti sul territorio -, le critiche sono arrivate (anche da molto in alto, direttamente dall’inquilino del Quirinale) proprio sulla figura del Garante dell’informazione, una figura esterna all’agenzia che, tuttavia, dovrà essere abbastanza equilibrato per non trasformarsi in una sorta di collo di imbuto per la pubblicazione di notizie che possono essere in qualche modo delicate.

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