«Il garante dell’informazione è il giornalista stesso», l’intervista ad Alessandra Costante (FNSI)

Abbiamo parlato con la Segretaria Generale della Federazione Nazionale Stampa Italiana del nuovo decreto sulle agenzie di stampa

03/08/2023 di Enzo Boldi

Un DPCM la cui genesi è passata sotto traccia, se non per l’interesse di chi lavora nel mondo del giornalismo e dell’informazione. Poi quelle parole (condite dall’amaro sapore della perplessità) pronunciate dal Presidente della Repubblica in occasione della “Cerimonia del Ventaglio“. Da quel momento, la riforma delle agenzie di stampa è diventata di interesse pubblico. Il testo prevede un vero e proprio riassesto di quel settore, partendo da una base strutturale (compresa la suddivisione dei fondi) e arrivando fino all’introduzione di nuove figure “garanti” anti-fake news. Di tutto questo abbiamo parlato con Alessandra Costante, Segretaria generale della Federazione Nazionale Stampa Italiana.

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Luci e ombre, con una riforma che era molto attesa proprio per il ruolo fondamentale che le agenzie di stampa hanno nel mondo dell’informazione. La FNSI che, fin dalla sua nascita, ha il compito di rappresentare dal punto di vista sindacale i giornalisti, non ha bocciato in toto la misura presa dal governo Meloni – attraverso una Commissione che ha lavorato a stretto contatto con il Sottosegretario con delega all’Informazione e all’Editoria Alberto Barachini -, ma ha messo in evidenza alcune perplessità che si rispecchiano anche nelle parole del Presidente Sergio Mattarella.

Riforma agenzie di stampa, l’intervista ad Alessandra Costante

Giornalettismo ha approfondito la posizione della FNSI parlando con la Segretaria Alessandra Costante che ci ha spiegato i lati positivi e quelli negativi di questa riforma diventata effettiva con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale lo scorso 27 luglio: «Era molto attesa dalle stesse agenzie di stampa perché stabilizza il settore e lo fa crescere in maniera ordinata. Quindi, da questo punto di vista è una buona riforma che premia il buon lavoro giornalistico. Il parametro per il finanziamento alle agenzie di stampa diventa il giornalista professionista, assunto con il contratto maggiormente rappresentativo (FNSI-FIEG). Ogni giornalista vale un tot e questo significa che le agenzie sono portate a non solo dare lavoro ai giornalisti, ma anche a pagarli secondo il contratto di lavoro giornalistico. C’è, dunque, una valorizzazione del lavoro di qualità dei giornalisti delle agenzie. Peraltro questa riforma cancella tutta una serie di questioni aleatorie, come quella relativa la produttività dell’agenzia: per esempio, prima c’era il vincolo dei 1.200 lanci quotidiani che adesso diventano 400. Inoltre, ogni notizia non può essere spezzata se non in due parti. È particolare, da questo punto di vista, la qualità del lavoro giornalistico, la certezza delle risorse e il fatto che le agenzie di stampa vengono premiate se assumono giornalisti, professionisti, con articolo 1».

Giornalista professionista al centro, ma con alcuni dettagli che sembrano essere piuttosto controversi. Perché tutto si sposta sulle assunzioni dei più giovani, senza far riferimento ai precari già in “organico” nelle redazioni delle agenzie di stampa: «La premialità per le assunzioni dei giornalisti under 35 è una delle perplessità che la Federazione nazionale della Stampa ha sollevato immediatamente dopo la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del decreto: se io ho un giornalista precario che mi fa le sostituzioni e di sostituzione in sostituzione, di contratto a tempo determinato a contratto a tempo determinato, arriva a 36 anni che facciamo? Lo gettiamo via perché non serve più e l’agenzia che invece deve assumere per andare incontro ad una maggiore digitalizzazione o un maggiore utilizzo del web i giornalisti under 35?».

Fondi, incentivi e premialità. Tre princìpi che non trovano convergenza all’interno del decreto sulla riforma agenzie di stampa pubblicato pochi giorni fa in Gazzetta Ufficiale. Ed è proprio questa assenza di collegamento tra elementi che, in realtà, dovrebbero essere strettamente collegati tra loro, che arrivano le prime perplessità di Alessandra Costante: «Dal mio punto di vista, bisognerebbe legare il consumo totale del fondo per la stabilizzazione dei precari e dei co.co.co. alla possibilità per le aziende di poter accedere anche ad altro tipo di sostegni per l’editoria. Questo sarebbe un modo per obbligare le aziende ad assumere i precari». Perché il mondo del giornalismo ha da anni un enorme problema contrattuale. Sono sempre più i giornalisti (pubblicisti o professionisti) assunti con contratti di collaborazione o a tempo determinato. Freelance e partite IVA che chiudono il quadro del precariato: «Questo problema dovrebbe essere preso in mano dal governo, convocando un tavolo con gli editori, cercando di risolvere finalmente la questione del precariato nell’informazione. Perché tutto ciò è quanto di peggio possa esistere. I giornalisti non sono più liberi quando sono precari, non sono liberi di fare coerentemente il loro mestiere e non perché non vogliano farlo. Semplicemente perché il precario è per forza di cose meno libero di un giornalista che sa che alla fine del mese comunque il suo stipendio ce l’ha. L’informazione è un peso, anzi un contrappeso necessario nella nostra democrazia, tutelato dall’articolo 21 della Costituzione come un settore di rilevanza costituzionale. E allora non si può permettere che un precario guadagni poco. Non si può permettere che un giornalista guadagni meno di quello che prevedono i contratti di lavoro».

Il Garante dell’informazione contro le fake news

All’interno del testo della riforma agenzie di stampa, compare anche la figura del garante contro le fake news. E proprio attorno a quello che, per il momento, sembra essere un ologramma non ben definito, la Segretaria Generale della FNSI ha spiegato a Giornalettismo tutte le sue perplessità: «Quando si dice che ogni agenzia deve avere un garante contro le fake news, rispondo che il garante contro le fake news è il giornalista stesso che lavora. Secondo me, se mi si dice che il garante contro le fake news è un giornalista specializzato nel debunking, rispondo “va bene”. Ma c’è un aspetto che sembra esser stato sottovalutato in questo decreto: le prerogative del direttore che è, in realtà, il vero garante dell’informazione di un media. È responsabile – oggettivamente – per ciò che viene pubblicato sul suo quotidiano, dalla sua agenzia. Ma se, come è declinata in questa maniera un po’ fumosa, si capisce che è una figura terza che sta al di fuori della redazione, la reputo molto populista come misura. Perché la lotta contro le fake news oppure le operazioni di fact-checking sono insite nella nostra legge professionale, nella nostra legge ordinistica. Che cosa deve fare il giornalista se non attenersi alla verità sostanziale dei fatti? Perché deve mettere sulla testa dei direttori o sulla testa delle redazioni, o affiancare le redazioni con personaggi che sono magari di tipo amministrativo e tecnico?».

Il pensiero di Alessandra Costante ricalca in pieno le perplessità del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella che, durante la “Cerimonia del Ventaglio”, ha spiegato la contraddittorietà di questa figura inserita all’interno del decreto di riforma agenzie di stampa: «Nessuno gli ha chiesto di fare un intervento e di parlare del decreto. Un intervento del genere è stato proprio per la sua sensibilità sia per quanto riguarda il contratto come forma di garanzia di tutela dei giornalisti. Ma anche sia su questa figura un po’ astrusa di Garante delle fake news. Non è un caso che Mattarella si sia soffermato su questi due aspetti».

(foto di copertina: da FNSI Social)

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