Il parente di uno dei due sospettati per l’omicidio di Luca Sacchi: «Ha fatto una cazzata»

Continuano ad andare avanti gli interrogatori nei confronti delle due persone che si sarebbero costituite questa mattina alle forze dell’ordine. Questa mattina, infatti, due persone di 21 anni sono state fermate, sospettate di aver partecipato all’aggressione letale nei confronti di Luca Sacchi, il ragazzo ucciso a Roma nel quartiere della Caffarella. Stando alle prime ricostruzioni, sarebbero stati i parenti dei presunti assassini a essere decisivi per convincerli a consegnarsi alle forze dell’ordine.

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Ragazzo ucciso, il commento di un parente di uno dei sospettati

In modo particolare, un parente di uno dei due ragazzi coinvolti avrebbe affermato davanti al commissariato: «Mio nipote ha fatto una cazzata». Questa è stata la reazione di fronte alla morte di un giovane che, stando alle prime ricostruzioni, stava semplicemente difendendo la sua fidanzata Anastasya.

Ma non c’è soltanto questa ipotesi al vaglio degli inquirenti. Dagli interrogatori che si stanno sviluppando dalla notte di oggi, fino a questa mattina, potrebbe emergere anche un’altra pista: quella di uno scambio di droga andato male. Secondo quanto riferito, i due di 21 anni sono entrambi del quartiere romano di san Basilio e uno dei due aveva precedenti per droga.

Ragazzo ucciso, l’altra ipotesi degli investigatori

Uno dei due sospettati si è recato spontaneamente in caserma, accompagnato dai genitori. L’altro, invece, è stato recuperato a casa della fidanzata. Entrambi lavoravano come operai. A contribuire all’ipotesi dello scambio di droga andato male, ci sarebbero due mazzette di banconote, alla vista delle quali i due giovani sono arrivati con le pistole.

Invece, il padre di Luca Sacchi continua a privilegiare la storia della rapina finita in tragedia: «Voleva difendere la sua ragazza e poi forse ha reagito anche perché non sopportava le ingiustizie – ha raccontato l’uomo -. Era un pezzo di pane, buono e generoso. Luca era un ragazzo pacifico: nonostante fosse forte fisicamente non era il tipo da cercare guai. Anzi se ne teneva alla larga. E di sicuro non si aspettava che l’altro rapinatore tirasse fuori la pistola. Mi auguro che l’assassino possa essere assicurato alla giustizia: ma chi mi restituisce mio figlio?».

FOTO: ANSA/MASSIMO PERCOSSI

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