Come sarà la pubblicità su Netflix

La piattaforma, sommersa dalle critiche, cerca il modo più tenue per introdurre la pubblicità testando il modello Spotify o Hulu

21/04/2022 di Martina Maria Mancassola

Ieri vi abbiamo raccontato del calo di abbonati che sta registrando Netflix: per la prima volta in più di 10 anni, la piattaforma ha perso circa 200.000 membri nei primi tre mesi del 2022. Il calo è sopravvenuto per vari motivi: l’aumento dei prezzi dei servizi offerti dalla piattaforma, nei mercati principali, ed il ritiro dei propri servizi in Russia. Il ritiro dalla Russia ha fatto perdere alla società circa 700.000 abbonati, mentre altri 600.000 hanno deciso di interrompere il servizio negli Stati Uniti e in Canada dopo l’aumento dei prezzi, come dichiarato dalla stessa piattaforma. E le perdite potrebbero aumentare in futuro a causa della concorrenza con altre piattaforme sempre più diffuse tra gli utenti. Netflix ha poi anche deciso di inserire la pubblicità – per la prima volta dal 1997, anno in cui è stato fondato -, all’inizio e/o alla fine delle sue serie, documentari e film – per incrementare i ricavi -, e questo ha scosso gli animi degli abbonati e non. Ma quando arriverà questa pubblicità, come sarà?

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Pubblicità su Netflix: come sarà quando verrà introdotta?

Hulu, di proprietà della Disney, e Hbo Max, di proprietà della Warner Bros. Discovery – altri servizi di streaming tv -, ci dicono come potrà essere la pubblicità su Netflix. Innanzitutto, non troveremo la pubblicità immediatamente sulla piattaforma ma tra mesi, forse un anno. E quando arriverà non sarà un obbligo. Infatti, gli utenti che sottoscriveranno un abbonamento low cost cioè ad un prezzo più basso, saranno costretti a guardarla, mentre chi ha la fortuna di poter pagare di più, non dovrà subire alcun annuncio pubblicitario. Ad ogni modo, le tecnologie permetteranno – si spera -, modalità pubblicitarie non troppo intrusive e anzi personalizzate (anche grazie al product placement dinamico). La pubblicità in arrivo sulla piattaforma non dovrebbe essere realizzata seguendo il modello «televendita» con spot lunghi e noiosi, dal volume alto, piuttosto Netflix starebbe studiando il modello Spotify. Spotify, infatti, ha una versione gratuita (con inserimento di pubblicità) e una a pagamento (senza pubblicità). Se ci si registra sull’app di musica gratuitamente, la pubblicità è presente ma non eccessiva, anche se gli utenti percepiscono subito che abbonandosi e pagando il canone mensile potrebbero accedere a contenuti più ricchi e ascoltare musica più gradevolmente. Secondo chi lavora nel mondo della pubblicità, il modello Spotify crea un «attrito», un fastidio in chi non sottoscrive l’abbonamento, che lo spinge ad abbonarsi.

Netflix starebbe, però, studiando anche il modello utilizzato dalla sua concorrente Hulu (di proprietà di The Walt Disney Company al 67% e di NBCUniversal al 33%), la quale inserisce la pubblicità addirittura in 15 diverse modalità, personalizzandole. Il prodotto che viene pubblicizzato, per esempio, può comparire sul dispositivo dell’utente solo quando questo mette in pausa la visione del programma. Anche in questo caso si tratta di una pubblicità poco invasiva. L’utente, poi, può addirittura scegliere quale pubblicità guardare tra quelle che la piattaforma Hulu gli propone (2 o 3), potendo quindi selezionare le pubblicità che più gli «interessano». Ci sarebbe, anche, un modello che permette ai telespettatori di scegliere se guardare tanti brevi spot nel tempo oppure uno solo lungo. Gli Stati Uniti, dunque, dopo tanti anni di pubblicità fastidiosa, ritornano alle pubblicità di qualità autorale. Tra le altre novità, l’utente potrebbe trovare anche una semplice schermata, prima dell’inizio del programma, che spiega come l’episodio sarà esente da pubblicità grazie al contributo di un inserzionista, oppure chi si abbona potrebbe vedere contenuti premium inediti (il backstage di una fiction) grazie ad uno sponsor che ne offre la visione. Ancora, gli spot potrebbero essere di pochi secondi (5 o 6 secondi) per non alterare la visione (come succede su Hbo Max), oppure chiudersi mostrando un menu, che consente di guardare il video girato in un determinato luogo, con le interviste e le testimonianze dei visitatori.

Entra in gioco, poi, il product placement dinamico. Che cos’è? Te lo spieghiamo con un esempio. Se l’utente x ama un certo tipo di biscotti ma si trova a dieta, la serie gli mostrerà quei biscotti ma senza zucchero, perfetti per rimanere in linea, mentre all’utente y, al quale piacciono i cereali ai frutti di bosco, appariranno solo cereali ai frutti di bosco (e nella variante senza zucchero se è a dieta anche lui). Insomma, su Hulu, Hbo Max e domani su Netflix, la pubblicità sarà sempre più innovativa e personalizzata, ma rimane, comunque, pubblicità. All’utente appariranno inserzioni vicine ai suoi interessi, ma questo non toglie che Netflix introdurrà pubblicità che prima non c’erano sulla piattaforma. I dati raccolti dal canale YouTube The Streamable sulle streaming tv statunitensi sono sconvolgenti: alcune di queste introdurrebbero inserzioni pubblicitarie per 9 minuti ogni 60 di trasmissione, mentre altre per 4 o 5 minuti. In Italia, per intenderci, un canale privato, per esempio Mediaset, propone spot fino a 12 minuti per ora.

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