«Emendamento dell’ultimo minuto per mettere a tacere i critici del garante irlandese»

Le proteste contro questo emendamento, che secondo i critici punta a imbavagliare chi contesta l'operato del garante privacy Irlanda, sono particolarmente accese

27/06/2023 di Redazione Giornalettismo

La notizia ha scosso il Paese e, in particolar modo, coloro che si occupano di vagliare il lavoro del DPC (Data Protection Commission). Si tratta dell’autorità garante nazionale indipendente responsabile della tutela dei diritti dei cittadini relativamente ai propri dati personali, l’equivalente del nostro Garante Privacy italiano e quindi il garante privacy Irlanda. Sono loro, infatti, che vigilano sul GDPR. A protestare con effetto immediato è stato l’Irish Council for Civil Liberties, organizzazione associativa indipendente dal governo che agisce a garanzia dei diritti dei cittadini irlandesi, in particolar modo dicendo «a verità al potere, anche quando è impopolare o difficile».

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«Emendamento dell’ultimo minuto per mettere a tacere i critici del DPC»

Così viene definito l’emendamento inserito nel quadro di una legge innocua che, all’ultimo momento, vede il governo irlandese provare a creare difficoltà a coloro che criticano l’operato del DPC. A definirlo in questo modo è stato, con l’uscita anche di un comunicato stampa, ICCL.

La protesta parte dall’invito a tutti i partiti del Dàil (ovvero l’Assemblea d’Irlanda, la camera bassa del Parlamento) a contestare l’emendamento nella giornata di mercoledì, quando è in programma la discussione finale. Un’azione che dovrebbe essere coordinata, quindi, tra vari partiti. Si parla, infatti, di un emendamento «metterebbe la museruola ai critici della Commissione per la protezione dei dati (DPC)».

Cosa cambierebbe l’emendamento sul garante privacy Irlanda?

Secondo ICCL si tratterebbe di un provvedimento che «impedirà ai cittadini di parlare del modo in cui il DPC gestisce i loro reclami e di parlare di come le aziende Big Tech o gli enti pubblici stiano abusando dei loro dati». Stesso discorso per le «informazioni commercialmente sensibili».

Un provvedimento che, per forza di cose, andrebbe a impattare negativamente anche sull’attività dei giornalisti. In questo frangente, si parla di rendere impossibile il lavoro di inchiesta e valutazione sulla supervisione più o meno adeguata del GDPR rispettato da parte di Big Tech e delle varie piattaforme che hanno sede in Europa (Google, TikTok, Meta, Apple e Microsoft).

Nel mirino c’è anche il flusso corretto e ben coordinato delle informazioni del DPC con tutti gli altri garanti europei poiché – difatti – al garante irlandese andrebbe il potere di etichettare come “riservato” materiale che andrebbe condiviso con le altre autorità. Secondo l’ICCL, inoltre, ci sarebbe in corso una causa del garante irlandese contro gli altri garanti europei (uniti nel Comitato europeo per la protezione dei dati) presso la più alta corte europea.

«Il governo prova a rendere opaco il processo decisionale del DPC»

Molto dure le parole di Johnny Ryan, Senior Fellow dell’ICCL: «La giustizia dovrebbe essere fatta in pubblico. Il DPC dovrebbe tenere audizioni pubbliche sul GDPR, come chiarisce la decisione Zalewski della Corte Suprema. Invece, il governo sta cercando di rendere ancora più opaco il processo decisionale del DPC, che è già esentato dalle norme sulla libertà di informazione che avrebbero potuto contribuire alla sua riforma».

Un organo che dovrebbe essere garante indipendente e trasparente ma che, secondo chi protesta, diventerà ancor meno alla portata dei cittadini e dell’informazione. «L’applicazione del GDPR da parte dell’Irlanda nei confronti delle Big Tech, e il modo in cui essa sostiene i diritti dei dati di tutti in Europa – prosegue Ryan – non dovrebbero essere oggetto di emendamenti dell’ultima ora inseriti durante la fretta legislativa di fine mandato. Chiediamo al Governo perché vuole fare questo? E perché ha tentato di farlo con un emendamento dell’ultimo minuto che elude il giusto controllo?».

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