L’emendamento del governo irlandese per mettere il bavaglio a chi critica Big Tech (e il Garante della Privacy)

Si tratta di una legge che è stata presentata a fine mandato e che cerca di mettere, per qualche ragione, al riparo dalle critiche sia chi dovrebbe far rispettare il GDPR, sia chi - come le aziende Big Tech - si muovono sempre sul confine

27/06/2023 di Gianmichele Laino

Immaginate se, all’indomani delle sue denunce sul trasferimento dei dati verso Paesi terzi, a un attivista come Max Schrems – che è ormai universalmente considerato la personalità più importante quando si tratta di condurre battaglie per i diritti civili legati al diritto alla privacy, soprattutto contro le aziende di Big Tech – fosse stato vietato di rivelare ulteriori dettagli emersi in seguito alla sua denuncia e in seguito ai provvedimenti adottati dai garanti della privacy. Ovviamente, tutta l’opera di divulgazione e di informazione rispetto a un principio fondamentale – come il diritto del cittadino ad avere pieno controllo dei suoi dati personali – sarebbe stata di gran lunga mutilata. Bene. Se questo scenario vi sembra abbastanza preoccupante, sappiate che in Irlanda questa ipotesi potrebbe diventare presto realtà concreta. Un emendamento proposto dal governo irlandese alla legge denominata Courts and Civil Law (Miscellaneous Provisions) Bill – datata 2022 – cercherà di inserire una sorta di clausola di riservatezza per quelle persone con l’intenzione di rivelare lo stato di avanzamento dei procedimenti per presunte violazioni della privacy e che abbiano intenzione di esaminare l’operato del Garante della Privacy irlandese in merito.

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Privacy in Irlanda, vietato parlarne?

La sezione 26A prevista dall’emendamento imporrebbe il silenzio intorno a qualsiasi provvedimento esaminato dalla DPC (Data Protection Commission) irlandese. Questo significa stop alla divulgazione di informazioni su presunte violazioni della privacy da parte delle grandi aziende di Big Tech – ad esempio -, la maggior parte delle quali ha sede in Irlanda. Proprio nel Paese Verde, infatti, prendono il via le principali azioni che, a livello europeo, cercano di imporre delle misure più consone a quanto previsto dal regolamento europeo sulla privacy, il famoso GDPR, alle grandi aziende che si occupano di digitale e che spesso si muovono su un confine molto sottile quando si parla dei dati personali dei cittadini.

Il target di questo principio di riservatezza sono le associazioni, le ONG, le fondazioni che fanno divulgazione rispetto alle decisioni o all’iter che, di solito, segue il garante irlandese quando si tratta di decisioni relative alla privacy degli utenti. Lo stesso DPC irlandese diventerà “non criticabile” per le lunghezze burocratiche che, spesso, si è trovato ad affrontare (se non si conosceranno i dettagli dei provvedimenti, sarà impossibile quantificare quanto tempo passa dalla denuncia alla decisione finale del garante della privacy), né per il merito delle sue decisioni. Quello del governo irlandese, inoltre, sembra essere una sorta di assist nei confronti delle grandi aziende di Big Tech che più volte hanno chiesto che i procedimenti a loro carico fossero in qualche modo tenuti riservati. Con buona pace di tutta l’opera di sensibilizzazione sulla proprietà dei dati che si sta cercando di fare – a fatica – nell’Unione Europea.

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