L’accordo tra Israele e Google sul cloud e l’intelligenza artificiale

Il cosiddetto "Project Nimbus" è stato siglato nel 2021 e ci furono moltissime polemiche

06/12/2023 di Enzo Boldi

Alla luce di quanto sta trapelando da qualche giorno a questa parte, anche attraverso conferme ufficiali da parte dell’IDF, il tema di come le grandi aziende tech partecipino attivamente nelle forniture di strumenti per sviluppare innovativi sistemi di intelligenza artificiale utilizzati (direttamente o indirettamente) nel conflitto tra Israele e Hamas a Gaza, è tornato a essere un argomento da analizzare a fondo. Nel caso specifico, torna alla mente quell’accordo – annunciato nell’aprile del 2021 – tra Google (e Amazon) e Israele. Un piano chiamato “Project Nimbus” che provocò – già all’epoca – molte polemiche.

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Prima di fare questo passo temporale indietro (anche se rimarremo, comunque, nella stretta attualità) occorre fornire una spiegazione. Con l’IDF che ha confermato l’utilizzo del sistema di intelligenza artificiale Habsora per fornire all’esercito, ogni giorno, centinaia di target da colpire in quel di Gaza, è necessario capire l’origine del database utilizzato. Si parla di riconoscimento facciale, ma anche di database utilizzati per archiviare quelle informazioni in grado di addestrare e alimentare l’AI. Ed è per questo che siamo tornati all’aprile del 2021.

Project Nimbus, l’accordo tra Google e Israele del 2021

Project Nimbus, quindi. Nell’aprile di due anni fa, fu proprio il Ministero delle Finanze israeliano ad annunciare – senza fornire moltissimi dettagli, se non quelli standard – l’accordo tra il Paese, Google e Amazon per la realizzazione di un cloud (chiuso):

«I servizi cloud saranno ospitati da fornitori cloud locali. I dati memorizzati su di essi rimarranno all’interno dei confini di Israele in base a rigide norme sulla sicurezza dei dati supervisionate dagli uffici governativi competenti». 

La realtà, però, è molto più profonda di questa descrizione. Perché come rivelato da un rapporto realizzato da The Intercetp nel luglio del 2022, il questo progetto va molto al di là rispetto al più banale e conosciuto concetto di cloud nazionale. Perché si tratta di un ecosistema chiuso che va a coinvolgere anche molto altro: dall’intelligenza artificiale al machine learning, passando per il riconoscimento facciale e l’archiviazione dei dati.

Cosa c’è in questo progetto

Nella sua inchiesta, The Intercept ha visionato – in esclusiva – alcuni documenti. Delle istruzioni (a mo’ di webinar) rivolte al personale che lavorano all’interno del Project Nimbus. Da qui, sono state desunte alcune delle informazioni che non sono comparse all’interno dello scarno annuncio ufficiale da parte delle istituzioni israeliane.

«Google sta fornendo al governo israeliano la suite completa di strumenti di apprendimento automatico e intelligenza artificiale disponibili tramite Google Cloud Platform. Sebbene non forniscano dettagli su come verrà utilizzato Nimbus, i documenti indicano che il nuovo cloud fornirebbe a Israele funzionalità per il rilevamento facciale, la categorizzazione automatizzata delle immagini, il tracciamento degli oggetti e persino l’analisi dei sentimenti che pretende di valutare il contenuto emotivo delle immagini». 

Dunque, un enorme sistema che fa parte del Cloud Platform. Ma con un dettaglio che rende il tutto ancor più preoccupante: un sistema chiuso, che sottostà alle leggi israeliane e all’interno del quale non può intervenire neanche la policy dell’azienda fornitrice. Questo vuol dire che qualora Israele utilizzasse questi strumenti per compiere azioni non etiche, Google non potrebbe intervenire:

«Israele […] ha impostato il suo rapporto con Google per proteggerlo sia dai principi dell’azienda che da qualsiasi controllo esterno […] I dati che alimentano Nimbus risiederanno sul territorio israeliano, soggetti alla legge israeliana e isolati dalle pressioni politiche. L’anno scorso (il 2021, ndr), il Times of Israel ha riferito che a Google sarebbe stato vietato contrattualmente di chiudere i servizi Nimbus o negare l’accesso a un particolare ufficio governativo anche in risposta a campagne di boicottaggio».

Dunque, anche tutte le politiche etiche sull’utilizzo di strumenti di AI di Google, possono tranquillamente decadere. Israele ha acquistato tutto il pacchetto e può utilizzarlo come meglio ritiene. E non è un caso che proprio all’indomani di questo accordo sul Project Nimbus, molti dipendenti dell’azienda di Mountain View e Beacon Hill scrissero una lettera di protesta per questa decisione (che appare dai vantaggi unilaterali, fatto salvo l’introito da 1,2 miliardi di dollari finito nelle casse di Google e Amazon). Appelli inascoltati e, visti i princìpi dell’accordo, inascoltabili. Israele ha potuto, e continua a farlo, utilizzare quegli strumenti a suo piacimento. Come denunciato (da anni) da molte organizzazioni umanitarie.

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