La mail di Zuckerberg che ha dato vita al “Project Ghostbusters”
Era il 2016 quando il CEO e fondatore dell'azienda, rivolgendosi a tre persone che occupavano ruoli apicali a Menlo Park, invitava a trovare una soluzione per ottenere gli Analytics di Snapchat
27/03/2024 di Enzo Boldi
Facebook (oggi Meta) ha sempre negato un coinvolgimento diretto di Mark Zuckerberg in questa operazione di analisi – attraverso quello che, a tutti gli effetti, è etichettabile come uno spyware – dei dati di Snapchat, ma nelle carte giudiziarie (rese pubbliche nei giorni scorsi, nell’ambito di una causa intentata all’Antitrust nei confronti dell’azienda di Menlo Park) ci sono degli estratti molto interessanti, con il fondatore della piattaforma social che invita alcuni dei vertici aziendali a studiare e trovare un modo per superare quella crittografia che impediva a terzi di analizzare i dati del rivale. E proprio da una comunicazione scritta, datata 9 giugno del 2016, sarebbe partito il cosiddetto “Project Ghostbusters“.
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Era l’epoca in cui Facebook voleva ancor di più espandersi. E, per farlo, sembrava essere pronta a tutto. Il caso Cambridge Analytica era ancora nell’ombra della pubblica conoscenza e l’esigenza di studiare, analizzare e sconfiggere la concorrenza era il mantra da inseguire. Questo è quanto emerge dalla mail che – storicamente – ha dato il via al “Project Ghostbusters”, con i dipendenti della piattaforma che si stavano mettendo all’opera per trovare uno strumento in grado di mettersi nel mezzo (a mo’ “man-in-the-middle“) per intercettare e analizzare i dati dell’app crittografata Snapchat. Lo stesso sistema, attraverso la VPN Onavo – acquistata da Facebook nel 2013 -, utilizzato per compiere la stessa azione anche nei confronti di altri due grandi attori del web: Amazon e YouTube.
Project Ghostbusters, la mail di Zuckerberg
Ma torniamo a quella mail inviata da Zuckerberg il 9 giugno del 2016. L’oggetto è piuttosto emblematico: “Snapchat Analytics“.
«Ogni volta che qualcuno fa una domanda su Snapchat, la risposta è solitamente che, poiché il suo traffico è crittografato, non abbiamo analisi su questa app… Data la rapidità con cui crescono, sembra importante trovare un nuovo modo per ottenere analisi affidabili su di loro. Forse dobbiamo creare panel o realizzare un software personalizzato. Dovreste capire come farlo». Questo, dunque, il messaggio di Zuckerberg che ha portato – come raccontano le testimonianze raccolte e depositate nel corso di questa causa intentata nei confronti di Facebook – all’utilizzo di una soluzione che l’azienda aveva in casa fin dal 2013, anno in cui Menlo Park acquistò la società israeliana Onavo che, nel suo pacchetto di prodotti, aveva anche Onavo Protect. E proprio questo kit – una VPN in grado di agire come uno spyware, intercettando i dati delle altre app (anche crittografate) installate su un dispositivo – venne plasmato dagli ingegneri di Facebook per spiare e monitorare i dati del successo di Snapchat.