Come Facebook spiava i dati di Snapchat (ma anche Amazon e YouTube) all’insaputa degli utenti

Il progetto Ghostbuster è oggetto di una causa presso l'antitrust americano: l'input sarebbe partito proprio da Mark Zuckerberg

27/03/2024 di Gianmichele Laino

Acchiappa-fantasmi. Il nome del progetto (Progetto Ghostbuster, appunto) con cui Facebook puntava a ottenere dei dati per comprendere il comportamento degli utenti su app crittografate come Snapchat non è stato scelto a caso. Effettivamente, se le cose fossero andate come effettivamente viene rappresentato dall’ufficio dell’antitrust americano che sta istruendo il procedimento, il fatto di muoversi nell’ombra, senza farsene accorgere, sarebbe l’elemento alla base di un’idea all’origine della quale ci sarebbe direttamente Mark Zuckerberg. L’obiettivo di acquisire dati sul comportamento degli utenti di Snapchat (ma poi il progetto si sarebbe esteso anche ad Amazon e a YouTube) sarebbe stato quello di analizzare la concorrenza sulle soluzioni studiate per le app crittografate (nel caso di Snapchat), ma anche rispetto alle soluzioni individuate per l’e-commerce e per la riproduzione dei video.

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Progetto Ghostbuster, cosa riguarda e perché c’entra Mark Zuckerberg

Il tribunale che sta esaminando questa causa ha evidenziato come nel progetto fossero coinvolti dei dirigenti di alto rango e un team legale composto da 41 avvocati. La durata del progetto si sarebbe protratta per circa tre anni, dal 2016 al 2019. Nel frattempo, sarebbero trapelate anche alcune indiscrezioni alla stampa in merito a questa tipologia di attività che sarebbe stata portata avanti da Facebook e questo avrebbe portato i membri del team del Progetto Ghostbuster a desistere.

Anche perché, a un certo punto, lo strumento di cui si servivano – ovvero la VPN israeliana Onavo – era stato estromesso dall’Apple Store. Ed è proprio qui il fulcro della questione: la VPN Onavo sembrava proporsi sul mercato esattamente come una delle tante virtual private network, salvo essere utilizzata – in seguito alla sua acquisizione da parte di Facebook – per andare a monitorare il comportamento degli utenti che l’avevano scaricata su app come Snapchat (e sulle altre piattaforme che vengono contestate nella causa). La tecnica utilizzata sarebbe stata quella del man-in-the-middle e avrebbe permesso alla società di Mark Zuckerberg di ottenere dei dati che, altrimenti, non sarebbero stati analizzabili.

La questione sta facendo molto rumore perché, tra i documenti della causa, ci sarebbero anche le mail di Mark Zuckerberg da cui sarebbero partite le indicazioni per dare avvio al progetto Ghostbuster. Il presunto coinvolgimento del board di Facebook sarebbe molto rilevante, soprattutto dal punto di vista della politica societaria, perché testimonierebbe una scelta strategica ben coordinata e non una semplice svista o iniziativa di un singolo. D’altro canto, Facebook ha già allontanato da sé le accuse: «Le affermazioni dei querelanti sono infondate e del tutto irrilevanti per il caso» – ha detto un portavoce di Meta alla testata Gizmodo, che si è occupata della questione. Sempre da Meta, inoltre, fanno notare che non si tratta di nulla di nuovo e che la vicenda era nota da anni.

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