Di Maio dà la colpa della procedura d’infrazione al Pd

05/06/2019 di Redazione

La foglia di fico è sempre la stessa. La colpa dei governi precedenti. Così Luigi Di Maio ha affermato che la lettera che mette in guardia l’Italia da una possibile procedura d’infrazione da parte della Commissione Europea è dovuta al fatto che il troppo debito è stato accumulato in questi anni dal Partito Democratico. Lo ha scritto su Facebook lo stesso vicepremier e ministro del Lavoro e dello Sviluppo Economico.

Procedura d’infrazione, per Di Maio è colpa del Pd

«Ora si parla tanto di questa possibile procedura di infrazione e sapete cosa riguarda? – si domanda Di Maio – Riguarda il debito prodotto dal Partito Democratico nel 2017 e 2018. Noi la prendiamo seriamente, ma non possiamo fare finta di non sapere che ci sono Paesi europei che in questi anni, per risollevare la loro economia, hanno fatto molto più deficit di quanto consentito dai Trattati. E non sono andati incontro a nessuna sanzione!».

L’elenco dei riferimenti della Commissione Europea al biennio 2018-2019

Strano che Luigi Di Maio esponga questa teoria sul debito pubblico. L’Italia ha accumulato indubbiamente, nel corso degli anni, un rapporto negativo sul suo deficit. Tuttavia, la Commissione Europea fa esplicito riferimento alla violazione delle regole per gli anni 2018 e 2019 (quando senz’altro non c’era il Partito Democratico a guidare l’esecutivo). Inoltre, vengono citate delle misure inadeguate che metterebbero sul chi va là la Commissione europea: si parla di una scarsa efficacia delle riforme, soprattutto del reddito di cittadinanza («non ha prodotto dei benefici per la ricchezza nazionale e la crescita economica dell’Italia») e di quota 100 («cancella in parte gli effetti positivi delle riforme delle pensioni e indebolisce la sostenibilità del bilancio italiano nel lungo termine»).

Inoltre, la lettera della Commissione Europea cita l’aumento dello spread nella seconda parte del 2018 (anche qui, il Pd al governo era un ricordo ormai lontano), affermando che «da metà 2018 è aumentato di 100 punti in sei mesi, con un costo di 2,2 miliardi per i cittadini».

Insomma, il nascondersi dietro al Partito Democratico sembra davvero un inutile gioco che ormai non giova più a nessuno. Anche perché la scusa, a quanto pare, non regge più.

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