L’agenzia delle Nazioni Unite dice che dopo il coronavirus si perderanno 195 milioni di posti di lavoro a tempo pieno

La crisi COVID-19, molto peggiore della crisi finanziaria del 2008-2009, dovrebbe spazzare via il 6,7% delle ore di lavoro a livello globale nel secondo trimestre del 2020, pari a 195 milioni di lavoratori a tempo pieno. È il recente rapporto, appena pubblicato, dell’ILO (International Labour Organization), l’agenzia delle Nazioni Unite che si occupa di monitorare lo stato dell’arte del mondo del lavoro all’interno del sistema globale.

LEGGI ANCHE > Cinque ragioni per cui gli stranieri non ci stanno rubando il lavoro

Posti lavoro a rischio nel mondo: il report dalle Nazioni Unite

Le riduzioni maggiori sono previste negli Stati arabi (8,1%, equivalenti a 5 milioni di lavoratori a tempo pieno), in Europa (7,8%, o 12 milioni di lavoratori a tempo pieno) e in Asia e Pacifico (7,2 per cento, 125 milioni di lavoratori). Si prevedono enormi perdite tra i diversi gruppi di reddito ma soprattutto nei paesi a reddito medio-alto (7,0%, 100 milioni di lavoratori a tempo pieno).

Guy Ryder, direttore dell’ILO, ha dichiarato: «I lavoratori e le imprese si trovano ad affrontare una catastrofe, sia nelle economie sviluppate che in quelle in via di sviluppo. Dobbiamo muoverci velocemente, con decisione e insieme. Le misure giuste e urgenti potrebbero fare la differenza tra sopravvivenza e collasso».

Posti lavoro a rischio nel mondo: i settori più colpiti

I settori più a rischio comprendono alloggi e servizi di ristorazione, produzione, vendita al dettaglio, attività commerciali e amministrative. L’eventuale aumento della disoccupazione globale nel 2020 dipenderà sostanzialmente dagli sviluppi futuri e dalle misure politiche. Esiste il rischio elevato che la cifra di fine anno sia significativamente superiore alla proiezione iniziale dell’OIL, di 25 milioni di posti di lavoro in meno. Questa previsione iniziale, adesso, sarebbe aumentata di quasi otto volte.

Complessivamente, si calcola che tutti i lavoratori dei settori ritenuti a rischio siano – nel mondo – 1,25 miliardi: è proprio questa la platea che sarà più colpita, secondo lo studio delle Nazioni Unite, sia con licenziamenti, sia con riduzioni di orario e, conseguentemente, di salari. Per questo è importante una risposta economica molto forte che non può di certo essere rappresentata dalle forze dei singoli stati. Lo sforzo richiesto è a livello globale, superando i particolarismi: per questo la risposta non può essere individuata nella chiusura all’interno dei propri confini, ma deve essere senz’altro collegata alle varie istituzioni mondiali.

Share this article