Con la pillola abortiva solo con il ricovero di tre giorni, la Lega fa tornare l’Umbria indietro di 40 anni

Per quanto riguarda la pillola abortiva, in Italia eravamo già indietro rispetto agli altri Paesi del mondo. Lì la pillola viene somministrata senza necessità di ricovero in ospedale. Nel nostro ordinamento, forse per la paura della ‘banalizzazione’ dell’aborto, si è reso necessario imporre il ricovero in day hospital per l’assunzione della pillola abortiva. La Lega che guida la giunta regionale in Umbria con il presidente Donatella Tesei, tuttavia, è riuscita a fare ancora di più: ha reso necessari infatti ben tre giorni di ricovero in ospedale per chi voglia far ricorso a questo metodo di interruzione di gravidanza.

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Pillola abortiva in Umbria, necessari tre giorni di ricovero

Una scelta che sa tanto di oscurantismo e che fa tornare la regione indietro di almeno 40 anni, quando si lottava per evitare che l’aborto fosse un reato, quando all’indomani della legge 194 del 1978 abbiamo assistito a una lunga marcia verso il referendum del 1981, con l’elettorato italiano che diede prova di maturità.

Oggi, a colpi di populismo, questa maturità sembra essere venuta meno. In Umbria, Ru486 sarà somministrata soltanto con tre giorni di ricovero in ospedale. Una decisione che va contro l’autodeterminazione della donna (una prassi di questo tipo, andrà chiaramente a scoraggiare il ricorso alla pillola abortiva), ma anche contro alle normali regole del buon senso. L’adozione di Ru486, infatti, permetteva di accelerare i tempi della permanenza in ospedale, rendendo più snelle le procedure. In un momento storico che ci ha dimostrato quanto possa essere penalizzante avere delle strutture sanitarie congestionate, la decisione della Lega in Umbria rappresenta senz’altro un passaggio infelice, oltre che fortemente antieconomico. Il ricovero rappresenta un costo ulteriore per una sanità che dovrebbe concentrare le proprie risorse su altro.

Eppure, il risultato raggiunto in Umbria viene salutato favorevolmente dalla Lega che, con Simone Pillon, parla addirittura di una donna che, in questo modo, non verrebbe lasciata sola in questa sua scelta di vita. Un vero e proprio paradosso, visto che con tre giorni di ricovero ospedaliero non sarà di certo lasciata sola, ma sarà senz’altro esposta più del necessario. Per una scelta che, il più delle volte, dovrebbe essere intima, autodeterminata e – per questo – il più personale possibile.

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