Il nuovo patto UE che supera Dublino: «Distribuzione più giusta dei migranti, non solo nei Paesi di primo ingresso»

Si chiama Patto europeo sulle migrazioni e asilo, ecco cosa prevede

23/09/2020 di Redazione

Si chiama Patto europeo su migrazioni e asilo e sarà il nuovo documento sui cui dovremo imparare a confrontarci per parlare di flussi e redistribuzioni di migranti tra i Paesi dell’Unione Europea. Quello presentato dalla commissaria Ylva Johansson e dalla presidente della Commissione Ursula Von Der Leyen è il primo passo per ridefinire i rapporti relativamente all’argomento migrazione tra i Paesi dell’UE.

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Patto europeo su migrazioni e asilo, cos’è e come funziona

Il Patto europeo su migrazione e asilo parte da un nuovo presupposto, ovvero sulla maggiore solidarietà tra gli stati membri in tema di accoglienza. La pressione non sarà tutta sui Paesi di primo ingresso che, al momento, sono quelli che hanno la maggiore responsabilità rispetto al percorso fatto dal migrante in fuga dal suo Paese di origine. Verranno ampliati i criteri di redistribuzione e coinvolgeranno anche gli stati non di frontiera.

Italia, Spagna, Grecia e Malta dovrebbero teoricamente ricevere dei benefici da questa nuova impostazione che prevede tre punti salienti essenziali. Il primo è quello che impone delle misure più efficienti sul tracciamento dei migranti nei Paesi di primo ingresso: non più soltanto le impronte digitali, ma anche uno screening più completo che possa anche favorire decisioni più rapide sull’asilo o sul rimpatrio.

Patto europeo su migrazioni e asilo, quali sono le criticità

Il secondo punto è quello di un sistema più efficace di ricollocamento dei migranti rispetto al Paese di primo ingresso. Su questo proposito, il più delicato di tutto il programma, c’è da fare però una considerazione: la redistribuzione è di default su base volontaria (cioè gli altri Stati membri potranno decidere se accogliere migranti o se mettere in campo semplicemente delle azioni di supporto – anche economico – ai Paesi di primo ingresso), ma potrà essere obbligatoria in momenti di forte pressione sui confini esterni dell’Unione Europea.

Il terzo e ultimo punto riguarda degli accordi ad hoc con i Paesi da cui i migranti partono, un’azione comune sui rimpatri e un monitoraggio costante di eventuali violazioni di diritti umani. Un punto di partenza, sul quale si dovrà discutere. Ma che rappresenta una volontà, sebbene molto allo stato embrionale, di voler superare il meccanismo degli accordi di Dublino.

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