Zecca e Poste, cambia la proprietà di PagoPA: la mossa del governo che non piace alle banche

La società era di proprietà del ministero dell'Economia, adesso sarà al 51% della Zecca e al 49% di Poste Italiane

07/03/2024 di Gianmichele Laino

È la chiave attraverso cui il cittadino può pagare o ricevere pagamenti dalla Pubblica Amministrazione. È un asset strategico nella transizione digitale del Paese. È stato il mezzo che ha introdotto (o che ha contribuito a introdurre) la cultura del pagamento digitale in Italia in un settore, come quello pubblico, che era stato perennemente caratterizzato dalle scartoffie burocratiche, dai moduli cartacei e dalle file agli sportelli. Per questo motivo, PagoPA è stata una operazione che – anche se con evidenti limiti tecnici che, a volte, ne hanno compromesso l’usabilità – ha traghettato l’Italia verso la modernità o verso una sua parvenza. Il controllo della piattaforma (e della spa che la gestiva), fino a questo momento, era stato in capo al Ministero dell’Economia e delle Finanze, che partecipava al 100% nella società. Ma a breve, per decisione dell’attuale governo, le cose cambieranno e la proprietà di PagoPA passerà al 51% alla Zecca dello Stato e al 49% a Poste Italiane.

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PagoPA e il passaggio di proprietà a Zecca e Poste Italiane

Di fatto le transazioni verso la Pubblica Amministrazione o dalla Pubblica Amministrazione al cittadino avvengono attraverso questa piattaforma di intermediazione digitale, collegata a tutti i prestatori di servizi di pagamento, dalle banche fisiche a quelle digitali, passando – ovviamente – per Poste Italiane. E qui, come può già essere evidente a partire da queste prime righe – sta l’inghippo. Poste Italiane, con la mossa del governo, non si limiterebbe più soltanto al ruolo di prestatore di servizi di pagamento, ma sarebbe anche proprietaria al 49% della società che controlla la piattaforma PagoPA.

Il passaggio di proprietà è stato reso possibile dal decreto legge del governo Meloni per l’attuazione del Pnrr che è entrato in vigore lo scorso 2 marzo 2o24. Ovviamente, non si tratta di un semplice passaggio di consegne: sia Zecca dello Stato, sia Poste Italiane hanno versato – ciascuna per le sue quote – ciò che viene ritenuto da una perizia giurata in campo a tecnici e funzionari del ministero dell’Economia e delle Finanze il giusto valore per una società come PagoPA. Tuttavia, questa procedura di acquisizione – ed è l’altra contestazione che viene mossa all’operazione – non ha dato modo ad altri soggetti di intervenire. Insomma, la cessione di PagoPA è stata diretta, senza possibilità per altri operatori economici di acquisire quote minoritarie o maggioritarie.

La contestazione maggiore – su cui convergono sia gli istituti di credito, sia le minoranze politiche che cercano di bilanciare l’azione di governo dei partiti di maggioranza – riguarda proprio Poste che, sebbene al momento sia partecipata dal ministero dell’Economia e delle Finanze e da Cassa Depositi e Prestiti per il 65%, nel prossimo futuro potrebbe mettere a disposizione dei privati (per una nuova operazione di capitalizzazione) il 30% delle quote attualmente detenuto dal MEF. La domanda che ci si sta ponendo è dunque se vale la pena che PagoPA possa essere gestita, nel futuro, da un prestatore di servizi della stessa PagoPA che, tra le altre cose, potrebbe veder diminuire la quota di partecipazione dello stato e il maggiore impatto (anche decisionale) dei privati.

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