Omicidio del piccolo Loris: Veronica Panarello condannata a 30 anni

05/07/2018 di Redazione

Trent’anni di reclusione. Questa la sentenza pronunciata dalla Corte d’assise d’appello di Catania per Veronica Panarello condannata per l’uccisione e l’occultamento del cadavere del figlio Loris Stival, 8 anni, assassinato con delle fascette di plastica il 29 novembre del 2014 nella loro casa di Santa Croce Camerina. I giudici, accogliendo la richiesta dell’Accusa, il Pg Maria Aschettino e il Pm Marco Rota, hanno confermato la decisione di primo grado. La sentenza di primo grado fu emessa il 17 ottobre del 2016 dal Gup di Ragusa, Andrea Reale, col rito abbreviato.

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Dopo la lettura della sentenza Veronica Panarello, nell’aula della Corte d’assise d’appello di Catania, è esplosa in un attacco d’ira e si è rivolta contro il suocero, Andrea Stival, che in passato ha accusato dell’omicidio: “Tanto prima o poi di ammazzo con le mie mani”.

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Per il gup di Ragusa Andrea Reale il 17 ottobre 2016 che aveva condannato a 30 anni di carcere Veronica Panarello in primo grado la condotta della donna fu «deplorevole, reiteratamente menzognera, calunniosa, manipolatrice». Tale da confermare la definizione che di lei diede il giudice del Riesame: «Lucidissima assassina». «Oltre alla evidenza della piena capacita’ di intendere e di volere dell’imputata dal momento del fatto», riportavano le motivazioni, la donna «senza alcuna pietà e senza un benchè minimo pentimento, neanche dopo avere commesso il più innaturale dei crimini, ha occultato il cadavere del figlio». L’accusa poi rivelatasi su basi inesistenti nei confronti del suocero fu «un espediente perfido e malvagio, capace di distruggere tutti gli ultimi baluardi affettivi della famiglia Stival, inoculando una dose ulteriormente letale di veleno dentro quel nucleo già profondamente colpito dall’assassinio efferato di Loris». Si è anche ipotizzato che la donna soffrisse della cosiddetta ‘Sindrome di Medea’ con la quale «colpisce anche il suocero, oltre che il marito e il figlio, in una spirale di cieca distruzione dell’idea di famiglia e dei valori che la stessa incarna». Questa donna avrebbe trasferito nel piccolo Loris «le frustrazioni e l’odio patito nella sua famiglia di origine e ha riversato le incomprensioni avute con le proprie inconsistenti figure genitoriali».

(ANSA/ORIETTA SCARDINO)

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