I medici di Milano sono preoccupati per le riaperture e devono «mendicare i dispositivi di protezione»

Mentre le regioni parlano di riaperture differenziate o meno, da Milano arriva tangibile la preoccupazione dei medici in merito alla situazione dei nuovi contagi. Chiaro il parere dell’Ordine dei medici di Milano: «Ogni giorno nuovi casi e morti, attenti ad aprire». Per il presidente dell’Ordine dei medici provinciale, Roberto Carlo Rossi, bisogna fare parecchia attenzione a riaprire una realtà urbana grande come Milano allo stato attuale delle cose. La ragione è da ricercare nei dati coronavirus Milano, che «finora non sembrano certo entusiasmanti». Inoltre un’amare puntualizzazione: per quanto riguarda i dispositivi di protezione individuale necessari, «non se ne parla neanche di avere questi dispositivi periodicamente, senza andare a mendicarli».

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Il problema degli asintomatici (30-35% dei contagiati) che tornano a lavorare

Una fetta di contagiati importante – nella città di Milano e in Lombardia in particolare – riguarda gli asintomatici. Considerata la situazione dei tamponi in Lombardia, non sorprendono le parole di Rossi: «Resta il problema degli asintomatici: non hanno sintomi, non vengono testati e tornano a lavorare. È un grosso, grossissimo rischio». Sono tutte quelle persone che, nell’impossibilità di essere testate, potrebbero inconsapevolmente essere veicolo del contagio tornando rientrando nella loro quotidianità. Parla anche della situazione dell’R0 in Lombardia, mettendo in guardia con una certa ironia chi gioisce del calo senza guardare il complesso: «Ormai siamo diventati tutti bravissimi epidemiologi e infettivologi. Sembra in calo, addirittura in modo superiore alla media nazionale, però tanti altri parametri sono negativi. Vedo un ritmo di contagi elevato, senz’altro dovuto anche a un aumento del numero di tamponi che in passato sono stati pochi. Ma anche i decessi crescono e i dati non sono buoni». Sottolinea come la Lombardia sia diversa dal resto di Italia e «anche se non siamo più ai livelli di 3-4 settimane fa, ancora oggi praticamente tutti i giorni segnaliamo nuovi casi sul portale».

«Siamo ancora a mani nude»

Una triste parentesi si apre parlando della situazione negli ospedali di Milano. Nonostante siano passati quasi tre mesi dalla diagnosi del paziente 1, «lavoriamo oggi come allora, praticamente a mani nude», sottolinea il presidente  dell’Ordine provinciale meneghino. Non ci sono protezioni sufficienti per gli operatori sanitari milanesi e Rossi denuncia come si tiri avanti solo con le donazioni: «Alcuni Dispositivi di protezione individuali e prodotti disinfettanti ci sono stati donati. Però per quanto riguarda i kit completi – che ricordo sono composti da guanti, occhiali, visiera o tutti e due, mascherine Ffp2 e camici idrorepellenti – non se ne parla neanche di avere questi dispositivi periodicamente, senza andare a mendicarli»

 

(Immagine copertina da Unsplash)

 

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