Colombia: indagati quattro poliziotti per la morte dell’italiano Mario Paciolla
03/08/2020 di Marta Colombo
I genitori del cooperante italiano Mario Paciolla non avevano mai creduto al suicidio. Secondo il quotidiano colombiano El Espectador, quattro agenti della polizia locale sono finiti sotto inchiesta per aver consentito ad alcuni funzionari dell’Unità di indagini speciali dell Nazioni Unite di aver raccolto dalla casa di Mario degli effetti personali che sarebbero potuti essere preziosi per indagini.
La morte di Mario Paciolla è avvenuta il 15 luglio scorso a San Vicente de Caguan. Il napoletano, 33enne, lavorava in Colombia con un contratto di collaborazione con le Nazioni Unite in un progetto per agevolare il processo di pace tra lo stato e i guerriglieri delle Farc. Fu trovato in casa sua, impiccato e con il corpo pieno di ferite da lama.
I dubbi dei genitori sembrano trovare conferma negli ultimi sviluppi, che fanno pensare ad un suicidio. Nel frattempo, oltre alle indagini colombiane, è stato aperto un fascicolo anche dalla procura di Roma.
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La morte di Mario Paciolla, i sospetti e l’ONU
Secondo quanto riportato dal Corriere della Sera, i genitori di Mario non hanno mai creduto al suicidio, nonostante i profondi tagli trovati sul sui polsi , per «il suo ottimismo, per la sua voglia smodata di amore per la vita, per l’attaccamento alla famiglia, gli amici, alla sua città. E per i progetti che con noi aveva fatto per il suo ritorno a Napoli: stava studiando il francese per poi prendere qui il titolo per l’insegnamento», hanno spiegato tramite i loro legali Alessandra Ballerini e Emanuela Motta.
Il senatore Sandro Ruotolo, condivide i dubbi dei genitori e sollecita un intervento chiarificatore del segreatario generale dell’Onu Antonio Guterres, per fare chiarezza sul ruolo degli agenti della polizia locale colombiana in relazione all’organizzazione internazionale.
Il pensiero fisso di Giuseppe e Anne, resta una videochiamata che Mario Paciolla fece ai genitori lo scorso 11 luglio. «Chiamò a un orario insolito. Era preoccupato per alcuni dissapori nati con l’organizzazione, ci raccontò di aver discusso con alcuni colleghi e annunciò di voler rientrare in Italia, aveva molta fretta di uscire dalla Colombia e ci disse di voler chiudere definitivamente con l’Onu. Nei giorni successivi ci è sempre apparso molto preoccupato, quasi impaurito. Il giorno 14 ci ha detto di aver ricevuto la documentazione necessaria per partire e in quella stessa notte aveva acquistato un biglietto per Parigi per il giorno 20», hanno raccontato sempre al Corriere.