«L’AI applicata alla musica è ancora acerba, ma siamo obbligati a stare al passo», l’intervista a Marco Arata
Abbiamo parlato con il musicista poli-strumentista e Youtuber conosciuto come Mark The Hammer. Sui suoi canali social ha mostrato i risultati degli esperimenti con l'intelligenza artificiale per generare canzoni
13/04/2023 di Enzo Boldi
Una passione per la musica e le nuove tecnologie. Musicista poli-strumentista, nonché chitarrista di J-Ax e curatore dei suoi show. Si definisce nerd, perché nella sua sala-studio ci sono moltissimi strumenti al passo con l’evoluzione digitale e questo lo ha portato anche a sperimentare la “collaborazione” tra il mondo delle note, delle sinfonie e del testo e i molteplici strumenti basati su differenti intelligenze artificiali. Un’esperienza a livello goliardico che Marco Arata – meglio conosciuto come Mark The Hammer sui social (con 630mila iscritti al suo canale YouTube e oltre 127mila follower su Instagram) – ha raccontato a Giornalettismo.
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I suoi racconti attraverso le piattaforme social si basano sull’ironia. Un modo originale e unico per raccontare il mondo della musica e non solo. Perché Marco Arata ci ha confessato di essere un curioso e patito di tutte le nuove tecnologie. E solo qualche mese fa ha deciso di utilizzare quegli strumenti basati sull’intelligenza artificiale per generare delle vere e proprie canzoni: «La mia esperienza è molto semplice: ho creato questi contenuti con spirito estremamente goliardico. Senza scopo di lucro». Di cosa stiamo parlando. Di “video-guide” come questa pubblicata sul suo canale YouTube.
Sperimentazioni che, però, non sono state pubblicate all’interno delle piattaforme di streaming, per un motivo che ricalca in pieno le ragioni che hanno portato la Universal Music Group a chiedere ai Spotify e Apple Music di rimuovere canzoni generate dall’AI (e inibire lo scraping per “educare e istruire” l’intelligenza artificiale attraverso contenuti prodotti da copyright): «A differenza di tutti gli altri miei brani – ha detto Marco Arata a GTT -, quelli che ho creato al 100% con le intelligenze artificiali non li ho messi su Spotify. Al netto del fatto che queste piattaforme di streaming non paghino molto, ho fatto questa scelta perché non essendo un qualcosa generata totalmente da me mi sembrava uno scam andare a pubblicare cose del genere. Immaginavo, infatti, che sarebbe successa una cosa di questo tipo. È un sistema ancora da regolamentare che, secondo me, in pochi hanno capito».
Marco Arata ci parla di musica e intelligenza artificiale
Dunque, mancano ancora delle regole ben precise. Ma lo Youtuber e musicista ha le idee ben chiare di fronte allo scetticismo diffuso attorno all’intelligenza artificiale: «Io sento molto catastrofismo riguardo questa tecnologia. Molti sono spaventati, altri dicono “Oddio, il nostro lavoro è a rischio”. Io ho un sacco di materiale nerd perché ci sguazzo con queste tecnologie. Mi piacciono moltissimo. Quindi, a differenza di praticamente tutti quelli che conosco che parlano di questa tecnologia, non sono spaventato dall’intelligenza artificiale, sono più che altro incuriosito. È chiaro che devi farti trovare pronto quando ci sarà questo cambiamento, perché è matematico che una tecnologia di questa portata ci porterà tutti quanti a dover rivedere un pochino le nostre professioni. Come storicamente è sempre successo ogni volta che c’è stato una forte spinta innovativa da qualche parte».
Gerry Scotti che fa trap e i problemi di ChatGPT
Soluzioni per il futuro, ma per il momento ci sono ancora troppi problemi. E per questo, tra i primi test fatti da Marco Arata – e condivisi con il suo pubblico – c’è stato l’intero processo di composizione (dalla base al testo, passando per la voce e arrivando alla copertina e al video musicale) di un brano trap cantato da Gerry Scotti.
«Io posso vantarmi di aver fatto “trappare” Gerry Scotti prima di quanto poi effettivamente nella realtà sia successo, perché di recente ha fatto una robina del genere a “Striscia la notizia“. Ecco, io anticipato Gerry Scotti stesso. Mi fa volare altissimo questa cosa, perché è di una randomicità questo momento che non so spiegarle». Dunque, utilizzando molteplici programmi basati sull’intelligenza artificiale generativa, ne è uscito fuori in piccolo-grande capolavoro. Ma proprio lavorando su contenuti come questo, Marco Arata si è imbattuto in diverse problematiche che rendono l’AI non ancora completamente “utilizzabile” ad alti livelli: «Ci sono diverse intelligenze artificiali. Quello che non si vede da nessun video, neanche dei miei (perché il mio era un video molto goliardico), è che in realtà le intelligenze artificiali sono ad uno stato estremamente acerbo adesso come adesso. Se vai su una qualsiasi di queste intelligenze artificiali e fai richieste anche con tantissimi dettagli, cercando di essere veramente super super fine nella nella richiesta, questa intelligenza (a prescindere da quale stiamo parlando) ti restituirà comunque un qualche cosa di acerbo e incompleto, dove tu devi mettere tanto la tua mano. Per esempio, proprio nel video di Gerry Scotti che fa la trap, avevo chiesto a ChatGPT una delle cose più banali: come si fa un do minore. E mi ha dato delle note sbagliate. Cioè questo è proprio l’ABC per qualsiasi manuale ed è una roba che dovrebbe essere automatizzato, cioè le note sono tre in questo caso qui e in questo accordo qua, nella sua configurazione più semplice, ed erano pure sbagliate. Questo vuol dire ora come ora, che si fa presto a dire “Oddio ci ruberà il lavoro”. Per il momento non sa neanche che cos’è un do minore (a meno che, adesso, non abbiano corretto il bug)».
Cosa manca e cosa dovrebbe accadere
Il futuro, però, dovrà sicuramente fare i conti con l’evoluzione e lo sviluppo dell’intelligenza artificiale. Ma, secondo Mark The Hammer, occorrerà bilanciare le esigenze e i diritti: «Ci dovrà essere per forza un punto comune, per un motivo molto semplice. Al di là dell’etica di quello che gli artisti pensano, gli artisti vogliono (e, tra l’altro, è sacrosanto quello che richiedono perché effettivamente quello che ti restituisce l’intelligenza artificiale è semplicemente costruito grazie a un database gigantesco, quindi è giusto che gli artisti si risentano un attimo del fatto “io l’ho sviluppata questa cosa grazie alla mia creatività”). Ci potrà essere questo punto di contatto per come la vedo io, ci dovrà essere perché il problema sostanziale è un altro: l’utente ha bisogno di questa cosa e continuerà ad utilizzarla a prescindere dall’etica».
Per il momento, però, anche lui non se la sente di utilizzare questi strumenti a livello professionale. In futuro probabilmente sì, anche per la sua passione nei confronti dell’intelligenza artificiale e le nuove tecnologie, ma solo se tutto quel che a oggi appare sospeso si trasformi in un qualcosa di saldo e affidabile: «Allo stato attuale assolutamente non le utilizzerei, perché non vedo come potrebbero sostituire, anche solo in minima parte, qualsiasi dei passaggi per cui potrebbero servirvi. L’unico forse potrebbe essere lo sviluppo delle miniature, delle thumbnail, che anche quello non sembra, ma per quelli che non fanno l’influenza di mestiere è letteralmente una professione a parte quella di realizzare le le thumbnail, cioè le copertine dei video. Però, al di là del fatto che adesso è ancora a uno stato acerbo, sono sicuro che ci si arriverà in tempo, neanche troppo troppo lontano. Ci arriveremo ad avere un’intelligenza artificiale perfettamente funzionante da questo punto di vista. A prescindere da quello che penso io e da quanto mi adatto io, se il mercato si adatta e io non lo faccio, io rimango indietro. Quindi siamo tutti obbligati a stare al passo».