Lukashenko alla Bielorussia: «Prima referendum Costituzione poi, se proprio ci tenete, nuove elezioni»

Dopo giorni di violenza e repressione arriva l'apertura del leader

17/08/2020 di Ilaria Roncone

Arriva un’apertura evidente dal dittatore Lukashenko nei riguardi del suo popolo, in rivolta da una settimana dopo la sua sesta rielezione. Tra tumulti, violenze inaudite della polizia, arresti e fughe degli oppositori, spuntano anche grandi segnali di ribellione: dai media che si rivoltano ai poliziotti che buttano via le divise, passando per gli scioperi, la Bielorussia non ci sta più e le centinaia di migliaia di persone che scendono in piazza a contestare – sembrerebbe – avranno ciò che vogliono.

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L’apertura di Lukashenko ai contestatori

I contestatori «ci tengono proprio», sì, per dirla con le parole del tiranno. Le parole distensive che fanno ben sperare le ha dette in televisione: «Dobbiamo approvare con un referendum la nuova costituzione e dopo, se proprio ci tenete, tenere nuove elezioni parlamentari e presidenziali», continuando però a difendere la legittimità del voto. Nonostante abbia ricercato l’aiuto di Putin, facendo sembrare di voler esercitare ancora di più il pugno duro – oggi il presidente della Bielorussia sembra cambiare direzione. Del resto, come mostrano le rivolte, il governo sta perdendo il sostegno di moltissime categorie di popolazione a partire proprio dalle forze armate. Non mancano agitazioni e scioperi nemmeno nelle grandi fabbriche e la preoccupazione della comunità internazionale sta aumentando.

 

Europa e Usa osservano la situazione

Intanto sia Europa che Usa tengono la situazione sotto osservazione. Trump, cui è stato domandato cosa ne pensasse di quanto accade in Bielorussia, ha risposto con preoccupazione: «Una situazione terribile, la seguiremo da molto vicino». Anche Bruxelles punta gli occhi sulla capitale, Minsk, e l’Alto rappresentante dell’Ue per gli Affari esteri e la politica di sicurezza Josep Borrell ha annunciato su Twitter che aggiornerà «i leader dell’UE durante il Consiglio europeo di mercoledì sul lavoro per sanzionare i responsabili di violenza, repressione e falsificazione dei risultati elettorali».

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