Il caso Pelazza-Soncini dimostra che non puoi introdurre a forza in casa d’altri, anche se fai la tv

L'episodio nel 2015, l'inviato delle Iene condannato a 2 mesi (convertiti in pena pecuniaria)

01/02/2021 di Redazione

Nella giornata di oggi è stata resa nota la condanna di Luigi Pelazza, inviato de Le Iene, a due mesi di carcere (commutati in 15mila euro di sanzione pecuniaria sospesa) per essere entrato all’interno della proprietà privata di Guia Soncini, giornalista che attualmente lavora al quotidiano online Linkiesta. Il difensore della giornalista ha affermato che questa sentenza dimostra una questione che da sempre ha fatto discutere gli addetti ai lavori e non solo: «È una sentenza importante – ha affermato – perché ha stabilito che non sempre il ‘metodo Iene’ è scusato dal pure legittimo diritto di cronaca. In questo caso si era trattato di un vero e proprio agguato nel cortile interno di un palazzo privato, impedendo alla mia cliente di fare rientro in casa propria fino all’arrivo delle forze dell’ordine per confezionare un servizio a effetto».

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Luigi Pelazza e la sentenza sull’ingresso nella proprietà privata di Guia Soncini

La storia dello scontro indesiderato tra Luigi Pelazza e Guia Soncini risale al 2015, quando la giornalista risultava coinvolta nel processo relativo alla presunta violazione informatica per entrare in possesso delle fotografie del compleanno di Elisabetta Canalis alla presenza di George Clooney. Per quella vicenda, lo si ricorda, tutti gli imputati nel processo sono stati assolti. In quella occasione Luigi Pelazza, che seguiva la vicenda per Le Iene, aveva cercato di carpire alcune dichiarazioni a Guia Soncini che, tuttavia, aveva opposto il suo rifiuto. Ciò non aveva impedito a Pelazza, camuffato da corriere, di entrare prima nell’androne del palazzo e poi di cercare di bloccare la porta dell’ascensore all’interno della quale Guia Soncini era entrata.

Questa strategia è comune a diversi programmi serali che cercano di unire l’intrattenimento al giornalismo d’assalto. Per questo motivo, la sentenza di oggi risulta particolarmente importante per questo modo di fare televisione. Tuttavia Luigi Pelazza ha dichiarato di non volersi fermare al primo grado e di voler ricorrere in appello: «Il giudice – ha detto Pelazza – ha ritenuto che questo tipo di atteggiamento non è consono, perché poteva essere non violento, ma infastidente». Tesi opposta rispetto a quanto dichiarato in un lungo articolo per Linkiesta dalla stessa Guia Soncini che ha approfondito con diverse considerazioni relative al giornalismo televisivo e alla sua spettacolarizzazione.

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