Luca Parmitano racconta Beyond: «I sogni superano la realtà. Coronavirus? Preoccupato, ma fiducioso»
06/03/2020 di Thomas Cardinali
A volte ci sono degli incontri spaziali ed è proprio il caso di definire così quello con Luca Parmitano, l’astronauta ESA diventanti il 3° europeo e il 1° italiano a ricoprire il ruolo di comandante della Stazione Spaziale Internazionale (International Space Station crew commander): la cerimonia di avvicendamento al comando è avvenuta il 2 ottobre 2019, ed ha dato inizio alla “Expedition 61” e alla seconda parte della missione Beyond. Una carriera pazzesca quella per l’uomo che ha battuto ogni record italiano nello spazio e che è rientrato da pochi giorni a Houston dopo oltre 200 giorni di permanenza sull’avamposto spaziale. Una chiacchierata con lui in conference call in cui abbiamo naturalmente parlato dell’astronauta, ma anche dell’aspetto umano con i sogni e la sua voglia di recuperare il tempo perso con le figlie.
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L’intervento di Luca Parmitano che ha raccontato la missione Beyond
Beyond è stata la sua ultima missione portata a termine con 200 giorni nello spazio, il momento più difficile?
“Il momento più impegnativo è stato crescere come comandante e leader della stazione. Sebbene arrivassi da veterano mi sono ritrovato a comandare un equipaggio già con 3 mesi di spazio insieme quindi mi sono dovuto inserire. Ho dovuto cambiare atteggiamento e ho cercato di avere una leadership cooperativa per prendere input da ognuno di loro soprattutto dal punto di vista umano. Nel momento in cui ci si relaziona con altri professionisti con missioni di lunga o breve durata quello che ti lasciano umanamente è più bello del lato tecnico, questa è un’esperienza che porterò con me”
Lei è stato comandante, ha fatto passeggiate più di qualsiasi altro italiano. Ora cosa c’è oltre?
“Nel mio mestiere non mancano mai gli obiettivi, c’è una fase in cui si è sotto i riflettori e bisogna ricevere molto supporto. Io ho ricevuto molto supporto con l’addestramento e la missione,ora darlo io ai colleghi che voleranno una seconda volta. Spero che l’esperienza degli ultimi 8 mesi nello spazio serverà anche a loro. Tornerà anche per me il momento di contribuire per andare oltre i programmi della stazione magari con altre missioni”.
Rispetto alla missione Volare qual è stata l’evoluzione?
“Abbiamo imparato tantissimo durante la prima fase di esperienze a bordo. Abbiamo creato delle contromisure decisamente migliorate rispetto agli inizi. Gli astronauti sono in grado in poche settimane di tornare alla stessa attività fisica pre spazio. Utilizziamo a bordo nuovi macchinari e abbiamo un’idea ben precisa”.
Pensa che nello spazio sia possibile studiare il coronavirus e come sta vivendo questo ritorno a Houston?
“Un grande nemico è il lasciarsi andare al panico, in Italia abbiamo un sistema sanitario all’avanguardia e gli esperti stanno lavorando per contenere il virus. È importante avere fiducia verso chi sta lavorando. Non dobbiamo abbandonarci alla disperazione, vorrei affidarmi a chi ha fatto di questo lavoro la sua vita e seguire le loro indicazioni. Il covid19 è troppo recente, ma è vero che a bordo della stazione abbiamo fatto esperimenti importanti su alcuni virus identificando quale aspetto del codice genetico causa aumento di virulenza. La scienza però ha bisogno di tempo. Io e la mia famiglia stiamo seguendo le solite precauzioni, sto dicendo alle mie figlie che è importante avere una vita normale, seguendo comunque sempre le indicazioni delle autorità”.
Dal punto di vista emotivo che effetto le ha fatto tornare dopo 200 giorni sul nostro pianeta dominato dall’ansia?
“Dire che siamo in placida contemplazione nello spazio è un errore, siamo inseriti in un contesto separato che comunque è collegato a quello terrestre e seguiamo gli avvenimenti a terra quindi eravamo già al corrente dei primi casi di coronavirus. Non c’è un aspetto particolare che differenzia l’astronauta da un altro essere umano, sono un italiano che vede il nostro paese alle prese con una crisi importante. Dobbiamo avere fiducia nelle istituzioni che stanno facendo di tutto per contenere il panico e i danni. In Italia possiamo ritenerci fortunati per aver capito subito questo problema. Da italiano sono preoccupato perché parte della mia vita è sempre lì, con i miei genitori e i miei amici. Credo che la cosa più importante sia restare con i piedi per terra anche se fa sorridere detto da uno che viaggia nello spazio”.
Hai inserito nei suoi prossimi programmi di addestramento anche la luna?
“Non sono in addestramento al momento e non sono io ad inserire il tipo di addestramento. L’addestramento di Pangea e Keys sono indirizzate alla superficie planetaria per cui utile per la luna, anche l’acquarius è per sistemi alieni in cui simulare pesi diversi gravitazionali. Sono situazioni in cui ho già lavorato e spero continueranno anche in futuro. All’agenzia europea sta anche preparando una base per addestrare all’esplorazione lunare. Il sogno di un astronauta è dare il proprio contributo al programma e quelli per la luna sono entusiasmanti. In futuro ci sarà per altre generazioni di astronauti non sicuramente per la mia la possibilità di andare su Marte, il nostro lavoro è essere pronti. Spero di essere pronto per una missione esplorativa”.
Qual è il contributo della missione Beyond ai cambiamenti climatici?
“Quello dei cambiamenti climatici è un problema complesso e dire di aver contribuito sarebbe eccessivo. Quello che posso sperare è di aver dato visibilità ad un problema che c’è nel presente. Spero di aver alzato il livello della consapevolezza di quanto il nostro mondo sia fragile. Questa è solo una speranza, ma il problema è estremamente complesso e non voglio cadere nella trappola di semplificare in problema internazionale. Ho trovato devastante osservare dallo spazio dopo sei anni quanto sia peggiorata lasituazione, ho fotografato gli incendi in Australia, gli tsunami, gli uragani. ”.
Quanto la sua missione ha contribuito a studiare i cambiamenti climatici?
“È un problema complesso e dire di aver contribuito sarebbe eccessivo. Quello che posso sperare è di aver dato visibilità ad un problema che c’è nel presente. Spero di aver alzato il livello della consapevolezza di quanto il nostro mondo sia fragile. Questa è solo una speranza, ma il problema è estremamente complesso e non voglio cadere nella trappola di semplificare in problema internazionale. Non può essere tutto casuale e non possono non esserci degli eventi a provocarli. Ho visto uno sviluppo non coerente con la vita sulla terra, per questo voglio lanciare un allarme. All’Onu ho spiegato che è l’essere umano ad essere la specie a rischio, non il nostro pianeta”.
Luca tanti bambini sognano di diventare astronauti identificando questo lavoro con la possibilità di volare nello spazio, ora che lei quel sogno lo ha raggiunto può confermare che era come lo immaginava?
“La realtà supera i sogni: la mia idea di vivere in orbita prima di diventare astronauta era un mosaico di immagini prese da cartoni animati giapponesi. Non avendo una mia visione personale, era un’idea presa in prestito. Dopo averla vissuta di persona, posso dire che è un’esperienza al di la dei sogni: non c’è cosa più bella di poter dire che la realtà è ancora più immersiva. Sono felice se le nuove generazioni come la mia sognano di diventare astronauti per viaggiare nello spazio, vuol dire che avremo altre generazioni di persone pronte ad andare oltre da qui ad altri 20 anni anche se non riesco ad immaginare fin dove ci spingeremo”.
La sua interazione con l’intelligenza artificiale Simon?
“Non pensavo che sarei riuscito a lavorarci perché il tempo stava per finire, ma era davvero interessante per cui ho deciso di lavorarci nel mio weekend durante il tempo libero. È stato interessante perché mi ha dimostrato che c’è ancora tantissimo lavoro da fare, questo è consolatorio perché l’intelligenza artificiale è diversa da quella umana. Ho chiesto a Simon di raccontare delle barzellette, devo dire che mi ha fatto ridere in un contesto scientifico e quello è stato un momento davvero divertente. Anche i colleghi della Nasa si sono complimentati per l’aspetto ingegneristico del robot”.
Ha fatto più attività extra veicolari di tutti gli altri italiani prima di lei, in quel momento c’è anche spazio per sorridere o prevale l’aspetto tecnico?
“Le attività extra veicolari sono divertenti nel momento in cui fai qualcosa per cui ti sei addestrato tutta la vita. Volare è divertente per un pilota di aerei, lavorare nello spazio aperto lo è per un astronauta. Una delle cose più divertenti è il lavoro insieme al collega che è all’esterno, si vengono a creare delle sinergie che non possiamo spiegare a parole, rapporti umani davvero profondi”.
Com’è andato il suo rientro rispetto alla prima esperienza con la missione Volare?
“Rispetto alla prima missione mi sento più informa, forse questo aiuta il corpo. Il rientro è stato più semplice, probabilmente perché la memoria muscolare e per la macchina che ha funzionato perfettamente. Non c’era vento e quindi siamo atterrati in verticale trovando le condizioni migliori per l’atterraggio. La fase di estrazione è stata molto più semplice. Ogni astronauta recupera con caratteristiche diverse, anche in base all’impegno che ci mette una volta rientrati. Ho lavorato molto sull’equilibrio e sulla riattivazione della parte di muscolatura che si occupa di equilibrare il corpo”.
Lei è anche un marito è un papà, cosa le hanno chiesto della sua missione una volta tornato?
“Non abbiamo parlato degli aspetti lavorativi della mia missione, questo perché con la tecnologia siamo rimasti sempre in contatto mentre ero a bordo e loro quindi lo sapevano già. La parte operativa l’ho spiegata man mano che passavano i giorni e mi trovavo lì, da quando sono rientrato mi sono dedicato al 100% alla loro vita. Sono stato io a chiedere cosa succedesse a loro e ha prevalso la mia curiosità nei confronti delle per moglie specialmente per reintegrarmi nel loro mondo. Una volta rientrato il ruolo di comandante è messo da parte, sono tutto impegnato con loro due che sono anche più interessanti della vita di astronauta”.