La lettera della Federazione degli Ordini dei Medici Lombardia condanna l’«evidente assenza di strategie sulla gestione del territorio»
07/04/2020 di Ilaria Roncone
La FROMCeO Lombardia, Federazione Regionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri della regione, ha inviato una lettera dopo la riunione del 5 aprile con le conclusioni dell’esame dell’attuale situazione epidemia covid-19. Chiarendo, come si legge, che «non è questo il momento dell’analisi delle responsabilità» nella lettera viene specificato come comprendere gli errori fatti fino ad ora possa aiutare le autorità competenti nell’«impostazione strategica, essenziale per affrontare le prossime e impegnative fasi».
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Ottimo il potenziamento terapie intensive, assente una strategia efficace per gestire il territorio
Per dare sostegno a questa constatazione rispetto alla mancanza di una gestione efficace da parte della regione l’Ordine ha fatto riferimento alla «mancanza di dati sull’esatta diffusione dell’epidemia» poiché si calcolano solo i tamponi sui pazienti ricoverati e le diagnosi di morte in ospedale, trascurando tutti gli altri. Questo porta alla «sottostima enorme del numero dei malati e discreta del numero dei deceduti». La mancanza di strategia sta anche nell’«incertezza nella chiusura di alcune aree a rischio» e nella «gestione confusa della realtà delle RSA e dei centri diurni per anziani», con la conseguente diffusione del contagio e della morte «nella sola provincia di Bergamo» di «600 ospiti su 6000 in un mese». Inoltre gli Ordini congiunti parlano di «mancata fornitura di protezioni individuali ai medici del territorio» e della «pressoché totale assenza delle attività di igiene pubblica». Tutto questo, insieme alla «mancata esecuzione dei tamponi agli operatori sanitari del territorio» ha condotto alla «saturazione dei posti letto ospedalieri».
Tutto questo ha portato al mancato ricovero di pazienti
La saturazione dei posti letto, fanno sapere i medici, ha portato alla «necessità di trattenere sul territorio pazienti che, in altre circostanze, avrebbero dovuto essere messi in sicurezza mediante ricovero». Una situazione che nella lettera non si esita a definire «disastrosa» e attribuibile «in larga parte all’interpretazione della situazione solo nel senso di un’emergenza intensivologica, quando in realtà si trattava di un’emergenza di sanità pubblica».
Sanità pubblica e medicina territoriale trascurate e depotenziate
Questa è la ragione della mancanza di una strategia efficace, anche confrontandosi con regioni vicine. Una situazione «difficile da recuperare», certo, ma che non impedisce a chi scrive di dare delle indicazioni in merito per «contribuire alla limitazione dei danni, specie nel momento di una ripresa graduale delle attività, prevedibile nel medio-lungo termine».
- Tutti gli operatori sanitari devono essere sottoposti a test rapido immunologico e, in caso di presenza anticorpale (IgG e/o IgM), sottoposti a tampone. Qualora fossero positivi asintomatici è da valutare la possibilità di farli lavorare in ambienti COVID con le opportune protezioni. Il test immunologico andrebbe ripetuto periodicamente fino alla negatività;
- Per il resto dei lavoratori «sembra raccomandabile un’estesa effettuazione di test rapidi immunologici per discriminare i soggetti che non hanno avuto contatto con il virus, soggetti che si possono riavviare al lavoro».
Riprendere il lavoro solo se si è certi di non essere entrati in contatto col virus, quindi. Questa verifica richiede «un rilevante impiego di risorse, soprattutto umane» me è «l’unica atta a consentire la ripresa dell’attività lavorativa in relativa sicurezza». La richiesta alla regione Lombardia è quella di «mettere in campo tutte le risorse umane ed economiche disponibili» per una ripresa «graduale, prudente e con tempi dettati dalla necessità di mettere in campo le risorse sopracitate».
(Immagine copertina da Pixabay)