Per Laura Castelli non si capisce perché il nuovo Mes, se è una cosa diversa, si chiami ancora così

21/04/2020 di Redazione

Basta cambiare il nome alle cose per farlo accettare? È questo il sottotesto che si può evincere dall’intervista che il viceministro dell’Economia Laura Castelli ha rilasciato nel pomeriggio di ieri a Sky Tg24. L’esponente del Movimento 5 Stelle stava parlando delle soluzioni che l’Europa sta cercando di mettere sul tavolo per affrontare, dal punto di vista finanziario, la nuova crisi che sta colpendo gli Stati a causa dell’emergenza sanitaria del coronavirus. Tra questi strumenti è stato impossibile non affrontare l’argomento del Mes.

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Laura Castelli Mes, il problema dei nomi e delle carte

I giornalisti di Sky Tg24 volevano capire dal viceministro dell’Economia i margini per permettere, eventualmente, all’Italia di usufruire dei 37 miliardi del cosiddetto Mes senza condizionalità che andrebbe ad aiutare il nostro Paese nel coprire alcune spese sanitarie. Secondo Laura Castelli, tuttavia, questa formula potrebbe comunque rappresentare una trappola per i nostri mercati: «È un problema di carte, bisogna leggere nelle carte quali sono le condizioni, perché ognuno può dire quello che pensa e quello che spera – ha detto Laura Castelli a Sky Tg24 -. Se è una cosa diversa dal Mes, che non si chiami Mes: se vogliamo mettere delle risorse a disposizione della sanità dei Paesi europei, mettiamola con un fondo, mettiamola come volete. Non si capisce perché ci si voglia infilare in una discussione che fa anche paura, perché tutti ricordiamo le scene che si sono viste in Grecia».

Laura Castelli Mes e i soldi che non servono a costruire ospedali

Insomma, se queste stesse condizioni fossero state denominate in altro modo, l’Italia avrebbe avuto meno problemi ad accettarle. Giustamente, si fa notare alla viceministra che non sembra possibile che le condizionalità cambino in corso d’opera e che, al momento della firma dell’accordo, i suoi termini resteranno invariati per tutta la sua durata. Questo stesso concetto è stato sottolineato anche dal direttore generale del Mes Klaus Regling, ma Laura Castelli sembra ancora prudente: «Le dichiarazioni sono dichiarazioni e nella costruzione degli strumenti finanziari si va al nocciolo della questione. Come queste risorse devono essere utilizzate nella sanità? Se servono per costruire ospedali, allora questo non è ciò che ci serve fare nei prossimi due mesi».

Tuttavia, le spese sanitarie, come sottolineato dalla Francia, possono essere interpretate anche in maniera più estensiva, dal momento che si parla anche delle spese secondarie derivate dall’emergenza sanitaria. Insomma, il Mes non serve soltanto a costruire ospedali, ma potrebbe essere uno strumento a disposizione per risolvere diverse questioni aperte legate in maniera diretta o indiretta al sistema della sanità italiano ed europeo.

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