«Difficile pensare di delegare a un algoritmo la selezione degli argomenti che potrebbero interessarci o meno»

Cristina Sivieri Tagliabue, direttrice del quotidiano online La Svolta, ha risposto ad alcune domande di Giornalettismo sulla modalità e quindi sugli strumenti che vengono utilizzati oggi per fare informazione online

09/02/2023 di Giordana Battisti

I cofondatori di Instagram Kevin Systrom e Mike Krieger hanno lasciato l’azienda proprietaria del social network, Facebook (oggi Meta), dopo l’insorgere di alcune tensioni nel 2018. Da quel momento i due hanno iniziato a lavorare a nuovi progetti, tra questi c’è anche Artifact, un’applicazione che utilizza il machine learning (apprendimento automatico) per mostrare all’utente delle notizie in base ai suoi interessi. La piattaforma, ancora in fase di test, è a metà tra un aggregatore di notizie e un social network e consentirà anche di commentare i contenuti e inviare messaggi privati agli altri utenti. Il nome dell’applicazione «rappresenta la fusione di articoli, fatti e intelligenza artificiale». il giornale online The Verge lo definisce «una sorta di TikTok per il testo» ma anche «un attacco a sorpresa a Twitter». La cosa che lo rende più simile a TikTok è il funzionamento dell’algoritmo: una volta che si clicca su un contenuto o si interagisce con lo stesso, l’algoritmo verrà “addestrato” a suggerirne di simili. Quella che invece lo rende più simile a Twitter e ai primi modelli di social network è la grande rilevanza dei contenuti testuali.

La Svolta, un quotidiano online diretto da Cristina Sivieri Tagliabue, si distingue dai principali progetti editoriali perché favorisce i contenuti testuali anziché quelli video o audio. Anche la grafica del sito Web del giornale ricorda l’edizione cartacea dei grandi quotidiani come il New York Times e questo, ovviamente, non è un caso. Per capire quali idee hanno ispirato le scelte redazionali ed editoriali del giornale abbiamo contattato proprio la direttrice responsabile che ha risposto ad alcune domande di Giornalettismo.

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La Svolta: l’idea di fare un giornale di carta, ma online

«La scelta di fare un quotidiano online con molti contenuti testuali nasce dall’idea di valorizzare la lettura, ad oggi molto sottovalutata. Tutti i social network attualmente favoriscono i contenuti come immagini o video, ma questi video sono spesso molto brevi. Proprio perché questi contenuti per loro natura sono veloci e immediati non riescono ad approfondire gli argomenti che affrontano nel modo adeguato», spiega Sivieri Tagliabue. Questo non vuol dire che l’immagine o la fotografia non abbia alcuna rilevanza per La Svolta: «La fotografia ha un ruolo certamente rilevante per il nostro giornale ma il suo scopo è approfondire, non distogliere l’attenzione. Anche in questo La Svolta somiglia a un giornale alla vecchia maniera: i contenuti non sono affatto veloci come sono generalmente su Internet, non vengono aggiornati automaticamente e compaiano in modo ordinato sul sito Web. Anche i banner pubblicitari sono ridotti al minimo. Lo scopo è fare in modo che i nostri lettori si prendano il tempo necessario per leggere le notizie e che l’esperienza sul sito Web favorisca la fruizione dei contenuti».

Secondo Sivieri Tagliabue è probabile che i contenuti testuali attirino sempre meno l’interesse delle persone anche perché rispetto a quelli visivi sono meno interessanti dal punto di vista pubblicitario: «In ogni caso, non possiamo certo scegliere di utilizzare una certa piattaforma per fare informazione solo perché offre più occasioni per fare pubblicità: gli algoritmi di Google e dei social network influiscono già molto sul modo di fare informazione e sulle scelte che si fanno in questo ambito, non possiamo cedere anche da questo punto di vista». Artifact sembra porsi agli antipodi di un progetto editoriale come La Svolta: il primo sembra accordare più rilevanza alla piattaforma, alla sua costruzione e al suo corretto funzionamento, che non ai contenuti. «Inoltre, non sempre cerchiamo su Internet o leggiamo notizie su cose che davvero ci interessano, per questo mi sembra difficile pensare di delegare a un algoritmo la selezione degli argomenti che potrebbero interessarci o meno. L’algoritmo finirebbe per identificarci con quello che cerchiamo, ma spesso soprattutto su Internet cerchiamo cose legate alle nostre insicurezze e paure oppure cose che ci vergogniamo di dire o chiedere», sostiene.

Inoltre, un fenomeno comune ai social network il cui funzionamento si basa sui moderni algoritmi è la creazione delle cosiddette camere dell’eco, un rischio che riguarda probabilmente anche Artifact. Un giornalismo più “lento”, fatto su piattaforme indipendenti e con meno contenuti rapidi come sono i video pensati per i social potrebbe essere un modo per «uscire dalle camere dell’eco», conclude Sivieri Tagliabue.

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