La grande sconfitta degli editori

Chiara Ferragni, Selvaggia Lucarelli, Lorenzo Tosa, sarebbero quindi equiparati sempre di più a grandi gruppi editoriali. Che differenza c’è tra editori di ieri, di oggi, e i social network?

11/01/2024 di Matteo Forte

Avreste mai pensato che Chiara Ferragni (ma centinaia di altre “personalità social”) potessero mai essere equiparate a un imprenditore che investe nella creazione, nello sviluppo, nella vita e nella sopravvivenza di una testata giornalistica? Sembrava essere un sillogismo impossibile. Una di quelle battute da bar che lasciano il tempo che trovano. E, invece, il paradosso è stato servito mercoledì 10 gennaio, con la pubblicazione delle linee guida dell’Agcom che obbligano (in attesa del codice di condotta) i content creator a rispettare il Testo Unico dei Servizi di Media Audiovisivi. Di fatto, dunque, gli influencer sono come gli editori.

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Paradosso nei paradossi, visto che da anni si dibatte sul fatto che dovrebbero essere imprenditori (e piattaforme) come Mark Zuckerberg ed Elon Musk a essere equiparati, nei doveri, agli editori. Eppure, mentre i legislatori di tutto il mondo si muovono con una velocità da bradipo in una direzione che, in realtà, sembrano non voler percorrere, chi dovrebbe essere etichettato (per l’uso e il profitto che trae dall’utilizzo delle notizie) come editore resta in un limbo indefinito, mentre i singoli soggetti che – con più o meno successo – guadagnano attraverso i social network, vengono messi alla stessa stregua (seppur nei doveri) di un editore. Eppure, la storia più o meno recente della rete e del suo ecosistema racconta una storia ben diversa.

Influencer come editori, l’ennesima grande sconfitta

Il velo sui social network e sul loro ruolo “etico e rivoluzionario” è caduto da tempo ed è facilmente riscontrabile come effettuino ingerenze non solo nella forma ma anche nel contenuto. Lo abbiamo visto con le penalizzazioni algoritmiche subite da attivisti palestinesi e giornalisti occidentali, a ridosso del 7 ottobre 2023. Ogni social network è una piattaforma, ogni piattaforma è un brandun’app, un luogo digitale dove un utente entra per approvvigionarsi di informazioni. Una scelta simile a quella compiuta una volta, quando ci recavamo in edicola per acquistare un determinato giornale a noi maggiormente gradito.

Ed è qui che, per esempio, doveva essere Mark Zuckerberg a finire nel grande contenitore degli editori. Piattaforme che diventano “organi di informazione” a cui si affidano le persone. E, invece, ecco che le nuove linee guida di Agcom virano nella direzione opposta, dando quel “ruolo” agli influencer che utilizzano i social network e, di fatto, annullando qualsiasi tipo di mobilitazione verso quella strada che sembrava essere, qualche anno fa, il percorso naturale delle piattaforme.

Le differenze

Si tratta di una grande sconfitta per gli editori. E non solo. Lo dicono le definizioni, che sono alla base di ogni tipo di ragionamento. Gli influencer sono produttori di contenuti che accettano di cederne la proprietà distributiva a piattaforme la cui principale abilità risiede nell’interpretare il funzionamento di un algoritmo. Gli editori sono coloro che mettono a disposizione del pubblico una scelta di contenuti finanziando la produzione e organizzando una distribuzione, ricevono i principali ricavi e fanno azienda sulla base di un equilibrio tra costi della produzione e ricavi dalla distribuzione. Due mondi differenti, due visione diametralmente opposte. Anche dal punto di vista imprenditoriale.

Una melodia stonata che potrebbe avere uno spartito differente. Proviamo a ripetere quanto scritto poco fa, ma facendo un parallelo tra cosa sono (e fanno) gli editori e cosa sono (e fanno) i social network.

  • Gli editori sono coloro che mettono a disposizione del pubblico una scelta di contenuti finanziando la produzione e organizzando una distribuzione, ricevono i principali ricavi e fanno azienda sulla base di un equilibrio tra costi della produzione e ricavi dalla distribuzione. Due mondi differenti, due visione diametralmente opposte. Anche dal punto di vista imprenditoriale.
  • I social network sono strumenti applicativi nati per mettere in contatto le persone attraverso interazioni. Ultimamente sta prevalendo, in special modo con l’utilizzo della bacheca e in antitesi alla loro proposizione di mercato, la funzione distributiva di contenuti per finalità professionali (dalla promozione di brand esterni, al personal branding).

Al centro c’è la distribuzione che segue una strada pressoché univoca, prendendo come punto di riferimento quello della pubblicazione e condivisione di notizie. Un giornale (di cui l’editore è il deus ex machina) monetizza anche con le vendite – nel caso del cartaceo – e con le visualizzazioni (nel caso del digitale, contestualmente alle pubblicità). Una piattaforma social, come Facebook, monetizza con le persone che la utilizzano anche al fine di informarsi. Dunque, appare molto più dissonante il sillogismo influencer come editori rispetto a quello social come editori.

Ed è per questo motivo che i grandi vincitori della decisione di Agcom sono proprio le grandi piattaforme social. Addossare le responsabilità a un singolo soggetto che opera sui social, senza considerare (e mettere al primo posto) le responsabilità delle piattaforme (anche per mancata moderazione) è un rischio incalcolabile per il futuro. Perché di sdogana quel principio che è alla base delle garanzie di un organo di informazione. Dunque, di un editore.

I rischi

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