Il primario di malattie infettive dell’ospedale di Parigi: «Lasciamo che i giovani si contagino tra loro»

Le parole di Éric Caumes stanno facendo discutere la Francia e stanno dividendo il Paese nella lotta al coronavirus. Il primario del reparto di malattie infettive dell’ospedale Pitié Salpêtrière, uno dei più importanti della capitale francese, ha rilasciato al quotidiano Le Parisien delle dichiarazioni sulla strategia per contrastare il coronavirus. Una sorta di cambio di passo che, tuttavia, avrebbe un costo che fino a questo momento non era stato preso in considerazione: far contagiare i giovani.

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Infettivologo francese dice che i giovani devono contagiarsi tra loro

Caumes, infatti, ha affermato: «La mia proposta non è politicamente corretta – ha detto – ma penso che occorra lasciare che i giovani si contagino tra loro, a condizione che questi poi non entrino in contatto con i propri genitori o i loro nonni». L’obiettivo di questo contagio giovanile sarebbe quello di permettere una sorta di immunizzazione tra questi ragazzi prima dell’inizio delle scuole. Una proposta di immunità di gregge che ricorda molto l’approccio iniziale della Gran Bretagna al coronavirus, approccio che non portò i frutti sperati ma che, anzi, aggravò la situazione.

Infettivologo francese criticato per la sua posizione sull’immunità di gregge

Anche perché – e sono tanti i colleghi francesi di Caumes che glielo stanno facendo notare – ammalarsi non è una sorta di patente di immunità: il virus potrebbe ripresentarsi e nessuno, nemmeno dopo essersi contagiato, può avere la certezza che non ricapiterà in futuro. L’infettivologo del Pitié Salpêtrière ha affermato che una situazione di questo tipo permetterà un rientro più sereno all’interno delle scuole e delle università, che altrimenti esporrebbe la Francia all’esplosione di nuovi focolai incontrollati. Nel parlare di questo aspetto, Caumes ha anche affermato che questo virus è troppo intelligente per gli europei, tranne che – forse – per i tedeschi.

Le critiche che sono state mosse all’infettivologo, oltre che nel merito, si stanno concentrando anche sul metodo: come potrebbe essere possibile, infatti, tenere separati i giovani con meno di trent’anni dal resto della popolazione?

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