Gramellini si giustifica (male): «Non era mia intenzione offendere Silvia Romano»

Io sono responsabile di quello che scrivo, ma non di quel che tu capisci. È questa la sintesi dell’autodifesa di Massimo Gramellini, finito al centro delle polemiche dopo il suo «Caffè» pubblicato questa mattina su Il Corriere della Sera. Nel suo controverso editoriale, dedicato alla vicenda del rapimento di Silvia Romano, la giovane cooperante milanese ora nelle mani di alcuni criminali in Kenya, ha utilizzato un incipit abbastanza discutibile, spiegando come la 23enne sarebbe al sicuro se avesse scelto di rimanere in Italia e lavorare in una mensa. E ora, dopo le critiche, tenta una parziale difesa del suo pezzo e del suo pensiero, invitando a leggere il suo «Caffè» fino in fondo.

«Non era certo mia intenzione offendere Silvia Romano, anzi», scrive il giornalista e scrittore sul proprio profilo Twitter. Una difesa debole perché nel suo «Caffè» di oggi Gramellini non difende la giovane cooperante rapita, ma attacca chi si è scagliato contro di lei per la sua scelta di lasciare l’Italia per raggiungere il Kenya per aiutare le persone in difficoltà.

 

Gramellini prova a giustificare il suo amaro «Caffè»

Rileggendo il suo editoriale, infatti – oltre al già citato e discutibile incipit – si può leggere: «Se tuo figlio è in pericolo di vita, il primo pensiero è di riportarlo a casa, ci sarà tempo dopo per fargli la ramanzina. E non riesco a comprendere che tanta gente possa essersi così indurita da avere dimenticato i propri vent’anni. L’energia pura, ingenua e un po’ folle che a quell’età ti spinge ad abbracciare il mondo intero, a volerlo conoscere e, soprattutto, a illuderti ancora di poterlo cambiare». Non si può avere il sogno di cambiare il mondo, quindi. Strano detto da un autore che ha scritto il romanzo «Fai bei sogni».

Forse abbiamo capito tutti male?

La domanda allora si sposta sul perché Gramellini ritenga opportuno fare «una ramanzina» a una ragazza che ha deciso di abbandonare la sua vita italiana – sicuramente più agiata rispetto a quanto stesse vivendo nella sua missione morale e sociale in Kenya – per andare in aiuto dei meno fortunati. Insomma, il «Caffé» è stato bevuto nella sua interezza e il retrogusto amaro resta lo stesso. La tragedia che ha colpito Silvia Romano – e la sua famiglia – avrebbe dovuto aprire le menti sulla cultura di una giovane che lascia tutte le sue sicurezze per aiutare i più deboli . Invece, per attaccare gli haters della rete, si finisce per entrare e far parte di questo ingranaggio.

(Immagini di copertina da archivio Ansa e dalla pagina Facebook di Silvia Romano)

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