La sagra dell’insulto contro il gip di Agrigento che non ha convalidato l’arresto di Carola Rackete

03/07/2019 di Enzo Boldi

Sempre la solita storia. La via dell’insulto libero sui social è un fenomeno che non può essere messo a tacere, perché è dovere morale denunciare i continui atteggiamenti minatori di molti utenti che, sui social, si sentono liberi di insultare e minacciare chiunque non la pensi come loro. Dopo aver parlato questa mattina dei vergognosi commenti e ipotesi di complotto dopo l’attentato in Libia che ha portato alla morte di 40 persone nel centro di detenzione migranti di Tajoura, è necessario aprire una finestra su quel che è accaduto martedì sera, poco dopo le 20.30, alla notizia della mancata conferma degli arresti domiciliari della comandante di Sea Watch 3 Carola Rackete. E gli insulti, questa volta, non sono stati rivolti alla capitana, ma al Gip Agrigento che ha firmato la sua liberazione.

Il Gip di Agrigento, Alessandra Vella, analizzando le prescrizioni del decreto sicurezza bis ha sottolineato come Carola Rackete non si sia resa colpevole delle violazioni ipotizzate nelle prime ore. Il suo giudizio, infatti, ha messo in evidenza il fatto che la capitana della Sea Watch 3 abbia agito così per mettere in salvo la vita delle 40 persone a bordo della nave da oltre due settimane. Non si configura quindi, secondo il Gip Agrigento, alcun reato di quelli inseriti tra i paletti della revisione del primo decreto sicurezza voluto da Salvini.

Gli insulti e le minacce al Gip Agrigento

Ed ecco che, coadiuvati da un leader della Lega che ieri sara – non appena uscita la notizia della liberazione di Carola Rackete – ha fatto una diretta video su Facebook in cui ha messo alla berlina lo stesso gip Agrigento dicendole di svestirsi della toga e candidarsi in politica (senza dire ai suoi fan che quel decreto sicurezza è scritto talmente male che i paletti di legge sono aggirabili perché fanno a cazzotti con la realtà), è partita la caccia alla donna con il classico insulto e le minacce.

Ovviamente si parla di «puttana» in quanto donna (come se l’utente fosse nato da un essere umano di sesso differente) e poi si prosegue con le minacce: «Ti verremo a cercare e perderai il sorriso per sempre». Il tutto condito dall’emoticon del diavoletto. Una vergogna che è proseguita coinvolgendo anche altri utenti. Dai più pacati a chi, invece, non si ferma e cade nell’indecenza.

Una triste e tipica storia italiana

Una storia tristemente nota, ormai, con gli italiani che – fomentati anche da un linguaggio politico che rasenta il ridicolo per quel che riguarda la dignità del ruolo istituzionale che si ricopre – si sentono liberi di insultare tutto e tutti. Se poi all’insulto (senz’altro censurabile) uniamo le minacce, il quadro offerto è il più degradante possibile.

(foto di copertina: ANSA/PASQUALE CLAUDIO MONTANA LAMPO)

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