«Al momento, il problema dell’AI è il diritto d’autore», l’intervista a Giorgio Glaviano (presidente di WGI)

Abbiamo parlato con il numero uno di Writers Guild Italia, gilda costola dell'associazione sindacale americana che sta conducendo lo sciopero degli sceneggiatori negli USA

19/05/2023 di Enzo Boldi

Lo sciopero degli sceneggiatori americani prosegue spedito, con le associazioni di categoria che tengono il punto su numerose questione irrisolte che dovrebbero ricevere risposte concrete per evitare che il loro lavoro venga disperso. In particolare, questa battaglia è condotta dalla Writers Guild America che ha anche un corrispettivo italiano: la Writers Guild Italia, di cui Giorgio Glaviano è Presidente. Giornalettismo lo ha raggiunto telefonicamente per avere un suo racconto su quel che sta accadendo negli Stati Uniti, soprattutto su temi legati all’intelligenza artificiale e alle piattaforme di streaming.

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Questi due argomento, infatti, sono tra quelli che questa mobilitazione vuole portare in auge. Da una parte lo strapotere commerciale delle piattaforme di streaming che, oltre ad aver provocato un cambiamento nell’offerta televisiva, hanno anche rimodulato verso il basso il potere contrattuale degli sceneggiatori (e non solo). Dall’altra c’è l’evidente preoccupazione per quel che riguarda l’avanzata di strumenti basati sull’intelligenza artificiale che, in futuro (non ora), potrebbe togliere posti di lavoro.

Giorgio Glaviano, gli sceneggiatori e l’intelligenza artificiale

Giorgio Glaviano, ai microfoni di GTT, per il momento non sente la sua professione (un vero e proprio artigianato della scrittura creativa e originale) messa a rischio dall’intelligenza artificiale, ma ha sollevato delle questioni che vanno dal presente al futuro. Fino al futuribile: «Io parlo per la mia esperienza, per quello che ho potuto testare. Ma ci siamo anche confrontati con colleghi italiani e di altre aziende europee. L’intelligenza artificiale viene definita generativa, in realtà è combinatoria, nel senso che non genera qualcosa di nuovo. Combina il preesistente, per cui se una cosa esiste la può combinare con un’altra che esiste e quindi viene fuori un qualcosa. Nel processo speculativo, cioè di costruzione di qualcosa di originale, sostanzialmente sono io che metto i dati. Per esempio, dico che c’è un personaggio che ha tre gambe con un alieno che ha 18 occhi che si incontrano ad Alpha Centauri e devono conquistare la pera cotta. Sono io che introduco questi elementi, difficilmente sarà l’intelligenza artificiale a genera qualcosa che contenga questi elementi di originalità. L’esito è abbastanza banale al momento, cioè è strutturato su modelli narrativi e di scrittura che e servono più come check di verifica dell’andamento del corpus narrativo, ma non servono di per sé a creare niente. Sono sostanzialmente vuoti».

I bias e i limiti alla creatività

Giorgio Glaviano ci fa un esempio emblematico per spiegare questo suo pensiero: «È un po come gli strumenti che servono per fare un palazzo. Sì, esistono, ma  non è che spunta fuori qualche palazzo, dato che il progetto io devo dare io.  Al momento, dunque, il risultato che si ottiene è sempre molto banale, basico: l’alieno con 18 occhi alla fine impara la lezione che bisogna volersi bene tra i popoli dell’Universo, perché è sempre così. L’AI ha una serie limiti che, ovviamente, non gli permettono di essere creativo e originale. Per fare un altro esempio: prendiamo una storia come “Il Padrino”, dove c’è il protagonista che è una persona negativa, calato in un ambiente negativo. Tutto ciò è difficile da raccontare per un’intelligenza artificiale che tende ad avere dei “blocchi”, non decisi da uno sceneggiatore che è difficile raccontare».

L’attenzione, dunque, si sposta su strumenti AI come ChatGPT (quello più utilizzato). Giorgio Glaviano, dopo averlo testato e dopo esseri confrontato con altri colleghi, ha un’idea ben precisa sul presente di queste tecnologie: «È un chatbot che aggrega, ma non ha consapevolezza di alcunché e quindi, al momento, può rappresentare un aiuto di rimpallo. Cioè, butto lì dentro e provo a capire cosa succede. Il problema potrebbe palesarsi nel momento in cui tutto ciò si evolverà. Il punto attuale è un altro: di chi sono i diritti di quel che genero con l’AI? Essendo la derivativa di cose pregresse, combinate dietro una mia richiesta, tutto ciò che ne viene fuori è mio, della fonte originale o dell’intelligenza artificiale?».

Giorgio Glaviano sulla scarsa trasparenza delle piattaforme di streaming

L’altro grande tema alla base dello sciopero degli sceneggiatori americani è il ruolo, l’influenza e la scarsa trasparenza delle piattaforme di streaming. Soprattutto quando si parla di comunicazione dei dati. Dal loro ingresso nel mercato, questo tipo di fruizione ha portato a scombussolamenti anche contrattuali. Giorgio Glaviano ci ha spiegato nel dettaglio questi cambiamenti: «Le piattaforme sono uno degli aspetti di questa mobilitazione, perché hanno modificato il panorama contrattuale. Fino a poco tempo fa esistevano la TV generalista e la TV via cavo, cosa che non c’è, un corrispettivo in Italia, e gli sceneggiatori si trovavano a scrivere. Intanto hanno un contratto collettivo nazionale di base, cosa che è diversa rispetto alle controparti europee e anche in Italia. Lì, dunque, esistono dei minimi sindacali. Questi minimi sono stabiliti per legge, ma ognuno, a seconda del livello di carriera poi può – partendo dal minimo – chiedere ovviamente di più. Quindi che succede? Il lavoro di scrittura di una puntata ha un valore. Dopodiché la serie, essendo americana e quindi venduta lungo il territorio (e non solo) un flusso di contenuti. Si vende, dunque, il proprio lavoro, ottenendo un contratto. A ogni passaggio di vendita della puntata che uno ha scritto, oltre alla messa in onda e il diritto d’autore, ci sono i cosiddetti residual: cioè la mia puntata viene venduta a quest’altro gruppo, le syndication per esempio, e quindi genera un profitto. Poi la mia puntata viene venduta, per esempio, in Canada oppure viene venduta in Europa in ogni singolo paese europeo, eccetera e ogni volta genera un profitto che sono, per l’appunto, messa in onda, diritto d’autore e residual. Quindi, a partire da una media di vendita della mia puntata – con una base per i 60 minuti tra i 55mila e i 60mila dollari a puntata – ci si ritrova con un meccanismo di residual intorno intorno ai 30.000 dollari».

I dati delle visualizzazioni

A questa cifra media, ovviamente occorre sottrarre le tasse e i fondi destinati agli agenti. Questo era il prima, perché con le piattaforme di streaming questi emolumenti sono cambiati. E non di poco: «Questo sistema di passaggio di residuals è finito perché io non vendo più il mio nome, che non è più agganciato alla mia opera e genera un profitto ad ogni passaggio di vendita. Non ci sono più le vendite, perché la piattaforma trasmette immediatamente in tutti i paesi del mondo in cui è presente. Quindi, la media di guadagno di residual – sempre come media – sono passati da 30mila a 10 dollari». E questo non basta, perché Giorgio Glaviano sottolinea un altro problema, già palesato qualche tempo fa Artisti 7607. Stiamo parlando della scarsa trasparenza delle piattaforme nella comunicazione dei dati di visualizzazione: «Quante views ha avuto il la mia puntata? Questi sono dati che vengono ritenuti segreti industriali delle piattaforme, quindi non vengono dati agli autori. Quando noi guardiamo le classifiche “numero 1 in Argentina” o in Italia nella top ten, non sappiamo se si parliamo di dati reali. Non c’è una autorità che monitori l’andamento della reale visualizzazione di un prodotte». Il Presidente di WGI, infatti, ci ha raccontato che alcune piattaforme – fino a qualche anno fa – indicavano una puntata “vista” dopo soli due minuti di visualizzazione. Ovviamente, tutto ciò fa saltare il banco dei conteggi».

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