La violazione del “decreto dignità” da parte di Facebook sul gioco d’azzardo

Il TAR ha respinto il ricorso di Meta sulla sanzione emessa da Agcom. Ecco cosa dice la legge

12/04/2023 di Enzo Boldi

Il Tar ha confermato la sanzione emessa da Agcom nei confronti di Meta lo scorso 14 dicembre: su Facebook, infatti, sono stati pubblicati (sotto forma di contenuti “sponsorizzati”) alcuni post in cui si faceva pubblicità al gioco d’azzardo. Per questo motivo, l’Autorità Garante nelle Comunicazioni ha multato la holding guidata da Mark Zuckerberg per 750mila euro. Una controversia iniziata nel corso del 2022, in seguito a una serie di accertamenti. Inoltre, il Tribunale Amministrativo non si è limitato a respingere il ricorso presentato dall’azienda, ma ha anche imposto a Meta che gli utenti business non possano più caricare contenuti analoghi. Una decisione che, di fatto, conferma quanto già scritto all’interno del decreto dignità sul gioco d’azzardo pubblicizzato sui social.

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Il punto focale di questa vicenda, dunque, è l’ordinanza emessa da Agcom, giudicata legittima da parte del TAR che ha respinto il ricorso presentato da Meta Platforms Ireland, in cui vengono raccontate le numerose violazioni – stando alla legge italiana che regolamenta la pubblicità del gioco d’azzardo su internet (e non solo) – individuate e analizzate. E qui emerge un dato importantissimo: non si trattava di post pubblicati da un singolo utente sulla propria bacheca (o timeline), ma di post sponsorizzati (che, dunque, subiscono un processo di validazione e controllo) pubblicati dai “clienti business”.

Gioco d’azzardo sui social, Meta e il “decreto dignità”

All’interno del testo del 14 dicembre scorso, viene esplicitamente citato il decreto legge numero 87 del 12 luglio 2018 (il cosiddetto “decreto dignità”), con particolare riferimento all’articolo 9 (con testo parzialmente modificato con la conversione avvenuta con la legge numero 96 del 9 agosto del 2018):

«Ai fini del rafforzamento della tutela del consumatore e per un più efficace contrasto del disturbo da gioco d’azzardo, fermo restando quanto previsto dall’art. 7, commi 4 e 5, del decreto legge 13 settembre 2012, n. 158, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2012, n. 189, e in conformità ai divieti contenuti nell’art. 1, commi da 937 a 940, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto è vietata qualsiasi forma di pubblicità, anche indiretta, relativa a giochi o scommesse con vincite di denaro nonché’ al gioco d’azzardo, comunque effettuata e su qualunque mezzo, incluse le manifestazioni sportive, culturali o artistiche, le trasmissioni televisive o radiofoniche, la stampa quotidiana e periodica, le pubblicazioni in genere, le affissioni e i canali informatici, digitali e telematici, compresi i social media. Dal 1° gennaio 2019 il divieto di cui al presente comma si applica anche alle sponsorizzazioni di eventi, attività, manifestazioni, programmi, prodotti o servizi e a tutte le altre forme di comunicazione di contenuto promozionale, comprese le citazioni visive e acustiche e la sovraimpressione del nome, marchio, simboli, attività o prodotti la cui pubblicità, ai sensi del presente articolo, è vietata. Sono esclusi dal divieto di cui al presente comma le lotterie nazionali a estrazione differita di cui all’art. 21, comma 6, del decreto-legge 1º luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, le manifestazioni di sorte locali di cui all’art. 13 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 2001, n. 430, e i loghi sul gioco sicuro e responsabile dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli».

Meta aveva provato a opporsi a questa ordinanza-ingiunzione, sostenendo due principi: il primo riguardava il fatto che l’azienda non avesse una sede legale in Italia; il secondo facendo riferimento al cosiddetto “decreto e-commerce” (decreto legislativo n. 70/2003, che ha recepito la direttiva UE 2000/31/CE), provando a sostenere la tesi che gli hosting providers (in questo caso Facebook)

«(i) non possano essere ritenuti responsabili della correttezza delle informazioni caricate sulla piattaforma e (ii) non possano essere soggetti ad un obbligo generale di sorveglianza sulle informazioni che gli utenti trasmettono o memorizzano, né ad un obbligo generale di ricercare attivamente fatti o circostanze che indichino la presenza di attività illecite».

Dunque, secondo Meta Platforms Ireland non è possibile applicare l’articolo 9 del decreto dignità alla questione del gioco d’azzardo sui social per questioni di territorialità e perché «qualsiasi tentativo di estendere a Meta Platforms Ireland la responsabilità per le condotte poste in essere dagli utenti del Servizi Facebook costituisce una chiara violazione del regime di responsabilità applicabile agli hosting providers passivi come Meta Platforms Ireland». Ricostruzioni, quelle di Meta, che avevano portato al ricorso contro l’ordinanza-ingiunzione di Agcom. Un ricorso che il Tar ha respinto.

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