I genitori di Maria Paola giustificano il figlio: «Certi dell’innocenza, nessuna discriminazione sessuale»

Le parole dei genitori di Maria Paola, morta dopo essere caduta dal motorino insieme a Ciro, raccontano un'altra realtà

15/09/2020 di Ilaria Roncone

Non c’è nessun tipo di discriminazione omotransfobica dietro quanto accaduto a Maria Paola e a Ciro. Queste parole arrivano dai genitori della stessa Maria Paola nel giorno del funerali della figlia. I due vogliono credere nell’innocenza del figlio Michele Gaglione – per il quale è stato confermato il carcere a causa per via delle prove raccolte a favore della versione di Ciro -. La madre e il padre di Maria Paola, che a 18 anni se ne è andata per via della relazione d’amore con Ciro, hanno dichiarato di essere «certi dell’innocenza di nostro figlio Michele».

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«Conosciamo Michele e il suo amore per Paola»

Queste le parole dei genitori di Michele e di Paola, parole che mostrano come i due non credano alla versione raccontata da Ciro. I genitori Gaglione hanno anche negato di essersi mai opposti alla relazione tra Ciro e Maria Paola: «Nella nostra famiglia, umile e cristiana, non c’è spazio per l’odio verso il prossimo e a maggior ragione non c’è spazio per l’odio o la discriminazione per motivi sessuali». Zero spazio per l’odio omotransfobico, quindi, e se la relazione non era ben vista è perché erano «preoccupati per Paola, ma non per le sue scelte sentimentali o sessuali. Sentivamo il pericolo di una frequentazione con una persona, ad avviso di noi genitori, poco affidabile. La nostra critica era alla persona, mai all’orientamento sessuale. Il tempo dirà se le nostre erano preoccupazioni fondate».

Le minacce di morte alla made di Ciro

Due versioni diametralmente opposte, quelle dei genitori dei due giovani coinvolti. Anche la madre di Ciro conferma la versione di suo figlio: la relazione tra i due non era assolutamente ben vista dalla famiglia di lei. Rosa – la madre di Ciro – ha raccontato un episodio in particolare: «Una volta sono venuti in cinque a casa nostra il padre, il figlio e non so chi altro. Dicevano che se Ciro si prendeva la figlia dovevo morire anche io, che mi avrebbero fatto anche chiudere la baracca dove vendo le sigarette per vivere. Sono sola, non ho un marito e devo andare avanti». Rosa pensava anche che il peggio fosse passato siccome proprio il giorno prima dell’inseguimento e del triste epilogo «una parente loro mi ha chiamato per dirmi che ormai la madre di Maria Paola aveva accettato questa cosa. Sei madre, facciamo la pace. Invece non era vero». Le parole delle parti coinvolte fanno emergere – come praticamente sempre accade nelle storie con un epilogo violento – due versioni differenti di una medesima storia in cui però rimane una certezza: un inseguimento, i calci e i tentativi di speronare un motorino finiti in un omicidio sono lo specchio dell’atteggiamento di chi voleva esercitare il proprio potere sulla sorella e che è stato definito «incapace di controllare le proprie pulsioni aggressive» e dotato di «una accentuata pericolosità sociale».

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