Il possibile stop all’import del gas russo non può bloccare la transizione digitale italiana

L'analisi sui futuri consumi di energia elettrica e il ruolo delle rinnovabili

10/04/2022 di Gianmichele Laino

C’è una narrazione che si sta diffondendo in questi giorni in Italia, soprattutto in seguito alla frase pronunciata dal presidente del Consiglio Mario Draghi in conferenza stampa sulla preferenza tra «il condizionatore acceso e la pace». Chi spinge per questa narrazione sottolinea che, in realtà, il possibile blocco dell’importazione del gas russo in Italia non si ridurrebbe a una questione legata al maggiore o minore riscaldamento delle nostre abitazioni, ma andrebbe a impattare – visto il ruolo del gas russo nella produzione di energia elettrica – anche su aspetti molto più concreti della nostra vita quotidiana (in cui l’importanza di dispositivi elettronici è fondamentale anche nella produzione di beni e servizi, oltre che nel nostro raggio d’azione), fino a coinvolgere la transizione digitale che ci stiamo preparando ad affrontare. Abbiamo provato a capire se questa narrazione sia fondata o meno.

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Gas russo e transizione digitale, quale legame

Partiamo dai dati. Il volume attuale di e di import russi è di circa 30 miliardi di smc. Si tratta di gas che copre un ampio fabbisogno energetico, legato anche alla produzione di energia elettrica. Fermo restando che, nonostante il voto del Parlamento Europeo (si tratta di una risoluzione che, in quanto tale, esprime un atto di indirizzo, al momento non vincolante), non è detto che si decida di rinunciare totalmente all’importazione di gas russo, il governo italiano ha studiato una strategia per sostituire il contributo del gas russo al fabbisogno energetico. Le possibili opzioni di sostituzione del gas russo su un orizzonte temporale al 2025 hanno un volume complessivo di oltre 58 miliardi di smc. Tuttavia, in questa previsione non viene ancora inclusa la portata del risparmio e dell’efficienza energetica che potrebbero ulteriormente contribuire alla causa.

Stiamo sicuramente parlando di un orizzonte temporale più ampio rispetto a una possibile situazione emergenziale, ma anche in quest’ultimo caso non dovrebbero esserci problemi per la transizione digitale: «Credo proprio di no – ci spiega Matteo Leonardi, Executive Director Domestic Policies di Ecco, il think tank che si occupa di energia e di cambiamento climatico -, anche perché abbiamo di fronte un periodo di tempo in cui si potrà fare risparmio energetico. Sicuramente stiamo parlando del risparmio civile, ma stiamo parlando anche della produzione elettrica. Con questi accorgimenti potremmo arrivare in autunno con gli stoccaggi pieni. In sei mesi, inoltre, sarà importante produrre rinnovabili che potranno concorrere agli stesso stoccaggi».

Dunque, si tratta di questioni di priorità. Sarà il governo a decidere quali saranno le direttrici all’interno delle quali muoversi per poter salvaguardare il risparmio energetico, arrivare preparati al prossimo inverno e superare l’eventuale crisi dovuta dal mancato import del gas russo. Se si decide che la transizione digitale – e gli indizi vanno tutti in questa direzione – rappresenta una di queste priorità, allora da questo punto di vista si potrà stare abbastanza tranquilli. Sicuramente, le scelte che verranno fatte nei prossimi mesi saranno cruciali per poter gestire la situazione di emergenza.

Il discorso rinnovabili

Tra le scelte, sarà impossibile non tornare a riflettere sulle rinnovabili che, in ottica Pnrr e in ottica Green New Deal, rappresentano sicuramente una sfida fondamentale per il nostro Paese, in cui – nonostante i provvedimenti recentemente approvati per semplificare il processo autorizzativo – non si è ancora riusciti ad assicurare l’interesse nazionale di tempi certi e quantità rilevanti di autorizzazione, stando a quanto riportato dal report del think tank Ecco.

«Le rinnovabili possono fornire 3 miliardi di metri cubi all’anno, secondo le stime del ministero della Transizione Ecologica – continua Matteo Leonardi -. La somma in tre anni – si arriva a 9 miliardi – è il contributo maggiore per la risposta al fabbisogno energetico. E si tratta di una stima prudente rispetto a quella di 15 miliardi di Elettricità Futura. Inoltre è una soluzione che deve essere presa in esame prima dell’ampliamento di nuovi gasdotti. Rappresenta una risorsa fondamentale per la transizione ecologica, una vera ancora di salvezza».

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