Il delitto perfetto della maggioranza ai danni del Manifesto

Non è passato l'emendamento che rinviava la scadenza dei fondi all'editoria

22/12/2020 di Redazione

Bocciato. Come ogni tramonto d’anno, ci troviamo a fare i conti con una polemica – che riguarda sempre l’approvazione della legge di bilancio – in cui si mette in discussione la libertà d’informazione. Così, l’emendamento che prevede l’allungamento della scadenza dei fondi al Manifesto e agli altri giornali gestiti da cooperative che beneficiano di una quota pubblica non è passato, mettendo in serio pericolo la sopravvivenza stessa dello storico giornale della sinistra italiana, che – tra le altre cose – nel 2021 compirà 50 anni.

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Fondi al Manifesto, non passa l’emendamento

La direzione del Manifesto ha una idea molto precisa dei responsabili di questa situazione: il Movimento 5 Stelle che, negli anni passati, ha sempre osteggiato questo particolare aspetto della pluralità dell’informazione. Si ricordi, in modo particolare, l’esperienza di Vito Crimi – attuale capo politico pentastellato – come sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega all’editoria e l’incidente che si stava per compiere con Radio Radicale. Il principio resta lo stesso, secondo la direzione del Manifesto, che oggi ha pubblicato un editoriale molto duro in cui si sottolinea l’indolenza della maggioranza di governo nei confronti di questa notizia che spezza le ali a un punto di riferimento storico dell’informazione italiana.

Fondi al Manifesto, le parole di Norma Rangieri

La direttrice Norma Rangieri, infatti, ha sottolineato come «sono stati elargiti soldi pubblici alla qualunque, persino alle celebrazioni dell’ottavo centenario del presepe, all’aumento di stipendio dei prefetti, alla sostituzione dei soffioni delle docce, o all’ultima trovata dello “smartphone di governo” con abbonamento incorporato a due quotidiani», ma non è stato previsto alcunché per quanto riguarda i contributi diretti all’editoria, di cui beneficiano soltanto poche testate. I contributi indiretti – quelli a cui, invece, hanno accesso più imprese editoriali – sono rimasti intatti e intoccabili.

E allora, qui il Manifesto vede il dolo, sottolineando anche le responsabilità del Partito Democratico e di LeU che non hanno fatto opposizione nei confronti di questa bocciatura. Il delitto diventa ancor più perfetto perché, in tempi di “ristori”, non sono stati presi in considerazione gli effetti che la pandemia potrà avere su realtà editoriali come quella del Manifesto. Una ferita aperta, in un momento difficile. Quando si dovrebbe celebrare la storia di una testata, invece di affondarla.

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